San Marco rischia moltissimo, molto peggio del rogo di Notre Dame
Era l’829 d.C. quando il corpo di San Marco fu trasportato da Alessandria d’Egitto a Venezia dal doge Giustiniano Partecipazio e solo quattro anni dopo fu consacrata la prima chiesa di San Marco. La sua incredibile decorazione a mosaico inizia nell’anno 1000 d.C. e in circa 800 anni ha ricoperto i 588 mq della superficie voltata della basilica. In questi mosaici è raccolta la più significativa testimonianza della storia, delle aspirazioni, della fede di Venezia e dell’evolversi dei linguaggi e delle tendenze che hanno caratterizzato la sua arte: dalle origini greco-bizantine, alle espressioni artistiche autoctone e all’abilità di interpretare e personalizzare messaggi importati fino all’odierna, difficilissima arte della conservazione e del ripristino di questi preziosi e complessi manufatti. La Basilica d’Oro, come spesso viene chiamata, si è ulteriormente arricchita nel tempo di marmi, bronzi e opere d’arte portate a Venezia a seguito della conquista di Costantinopoli durante la quarta crociata. Arrivarono così i quattro cavalli di bronzo, opera del IV secolo a.C. attribuiti allo scultore Lisippo originariamente collocati nel grande ippodromo di Costantinopoli e che finirono per ornare la parte superiore della facciata di San Marco. Arrivarono gli smalti della Pala d’Oro, il mirabile paliotto ancora oggi nel presbiterio della Basilica e la preziosissima l’icona della Madonna di San Luca, secondo la leggenda dipinta dall’evangelista, detta Nicopeia, operatrice di vittoria, che ancora oggi è custodita nell’omonima cappella del transetto destro. Si susseguirono quindi nei secoli trasformazioni, ampliamenti, completamenti, come la facciata gotica con cuspidi e sculture di angeli e di santi che si realizza nei primi anni del 1400.
Potrei continuare a raccontare cosa è successo alla basilica fino ai primi anni del 1800 quando divenne sede del patriarca di Venezia, ma credo che sia sufficiente quanto fin qui detto per comprendere la portata immensa di questo nostro monumento dell’umanità.
Mi manca l’aria a pensare a tutta quell’acqua che copre le lastre di marmo policromo che foderano i pilastri nel registro inferiore, lo spettacolare rivestimento marmoreo del pavimento disegnato con motivi geometrici e figure di animali e a tutte quelle miriadi di tessere musive di marmi colorati e oro aggredite da un’umidità senza precedenti che indebolirà sia la loro adesione ma anche la tenuta degli strati costitutivi.
Difronte all’immagine delle porte bronzee bizantine di San Marco, chiuse e sepolte, per metà, si comprende senza mezzi termini, la portata dei cambiamenti climatici. Anche perché questo allagamento ha solo cinque precedenti nei 1200 anni della sua storia, ma il dato allarmante è che di questi, tre si sono verificate negli ultimi 20 anni. Se non si investe nella tutela, nella conservazione di questo patrimonio che abbiamo ereditato lasceremo le future generazioni sempre più povere. Il Mose va terminato al più presto e sinceramente mi auguro una mobilitazione almeno pari a quella per Notre Dame perché senza più un passato a cui guardare non avremo più un futuro da creare.
L’HUFFPOST
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