Diamo un saggio all’Europa

Von der Leyen: un avvio in salita

Purtroppo la presidente Von der Leyen, presente ma silente al congedo di Draghi, è per ora bloccata dopo una buona partenza con il programma su cui è stata eletta dal Parlamento europeo in luglio. Inoltre, dopo questi “Orientamenti politici per la Commissione Europea (2019-2024)” Von der Leyen non è stata convincente in alcune sue scelte. Personalmente ho espresso a suo tempo un forte apprezzamento per l’elezione della Von der Leyen e nella prima positiva valutazione sul programma. Poi con la configurazione delle competenze dei “dicasteri” e dei Commissari si sono delineate varie perplessità. È sembrato, in particolare, che nello spacchettamento e nella ricomposizione di commissari e competenze, Von der Leyen abbia creato molte sovrapposizioni e, persino nelle denominazioni, abbia alimentato la confusione, forse per il desiderio di evocare “missioni europee” emotivamente forti. Un esempio viene dalla denominazione del (cancellato) dicastero “Ricerca, Scienza e Innovazione” che è diventato “Innovazione e gioventù”, generando sconcerto in tutta la comunità degli scienziati e non solo. La questione non è solo di nome, ma di sostanza perché questa materia è cruciale nel XXI secolo. Poi Von der Leyen ha subito la bocciatura da parte del Parlamento della candidata commissaria Sylvie Goulard la cui caratura era pesante sia per le dimensioni del “dicastero”, sia per l’enfatico sostegno del presidente Macron. In questo caso Von der Leyen non ha le responsabilità politiche che le vengono addebitate. Era ben difficile infatti pensare che il Parlamento europeo, per molteplici ritorsioni verso l’assertività di Macron (e forse della Merkel) nella composizione della Commissione (compreso la Presidenza), avrebbe bocciato Goulard. Anche perché nella storia (e anche questa volta) dal Parlamento sono stati varati commissari di ben minor livello.

Come riguadagnare (o non perdere) tempo

Tuttavia è giusto continuare ad appoggiare la presidenza Von der Leyen e non solo perché è una garanzia come antidoto europeo a sovranisti-populisti. La stessa deve però fare alcune scelte significative, anche emblematicamente forti, subito. Perché l’Ue e l’Eurozona hanno una cruciale istituzione (la Commissione) ibernata, mentre la recessione c’è e senza interventi forti diventerà stagnazione, perché il neoprotezionismo da nascente potrebbe diventare strutturale, perché i movimenti migratori senza una politica euroafricana diverranno incontrollabili, perché l’impeto della innovazione tecnoscientifica non si fermerà.

In questa situazione ritengo utile richiamare tre “momenti meta-istituzionali” dai quali Von der Layen dovrebbe ripartire, perché hanno la forza della sostanza senza la problematicità delle varie unanimità europee. Primo, il rapporto dei 5 presidenti (e cioè quelli della Commissione, della Bce, del Consiglio, dell’Eurogruppo, del Parlamento) la cui più recente edizione è del 2015. Secondo, il Trattato franco-tedesco di Aquisgrana del gennaio 2019. Terzo, e argomentazioni di Merkel, Macron, Mattarella e Draghi al congedo di quest’ultimo il 28 ottobre 2019.

A mio avviso bisognerebbe partire dal Trattato di Aquisgrana firmato il 22 gennaio 2019 da Germania e Francia. Il trattato, che può essere considerato l’evoluzione storica del precedente trattato dell’Eliseo (firmato il 22 gennaio del 1963 da Charles de Gaulle e Konrad Adenauer) segna la progressione delle relazioni franco-tedesche nella loro dimensione europea, dal momento che configura tutta una serie di intese bilaterali, oltre a quelle già esistenti, volte a regolare i rapporti dei due Stati nelle dimensioni della sicurezza, della difesa, della cooperazione giuridica, amministrativa e di sviluppo digitale e infrastrutturale per quanto riguarda le regioni transfrontaliere. Si arriva anche a prefigurare un sostegno alla Germania per un seggio permanente al Consiglio di sicurezza dell’Onu. 

Questo Trattato è importante e andrà in esecuzione magari con le lamentazioni dei “discriminati incapaci”. Poiché il Trattato ha molti elementi positivi, dovrebbe essere ricompreso nelle Cooperazioni rafforzate previste dai Trattati Europei. 

Per un comitato di alta consulenza

A tal fine diventa importante tenere conto anche delle argomentazioni di Draghi del 28 ottobre e della relazione dei 5 presidenti (in carica nel 2015) e cioè di Jean-Claude Juncker (Commissione), Donald Tusk (Consiglio Europeo), Jeroen Dijsselbloem (Eurogruppo) Mario Draghi (Bce) e Martin Schulz (Parlamento Europeo). Nessuno di loro ha più la carica che ricopriva nel 2015 e questo è un vantaggio per consentire agli stessi di essere un gruppo di sicura esperienza svincolato da obblighi istituzionali, del quale Von der Leyen potrebbe servirsi come “comitato di alta consulenza”. Draghi ne sarebbe un indiscutibile presidente.

L’HUFFPOST

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