Venezia, viaggio sott’acqua nella «pancia» del Mose
di Alberto Zorzi shadow
VENEZIA Più zero e cinquanta. Meno tre e novanta. Meno otto e trenta. Meno dodici e settanta. La grezza scala in calcestruzzo sembra quasi una discesa agli inferi e a ogni pianerottolo viene indicata la quota di profondità. Bocca di porto di Lido, lato Treporti. Siamo nella «pancia» di uno dei tanti cassoni di calcestruzzo, da anni sono posati sul fondale della laguna, proprio lì dove inizia il mare. Sopra la testa abbiamo 80 centimetri di solaio, poi 6 metri di acqua, cioè la profondità del canale da questa parte, che è la più «bassa» del Mose: sul lato di San Nicolò, nella schiera di 20 barriere oltre l’isola artificiale, la quota di canale è a meno 12 per poter far arrivare le navi, comprese quelle da crociera. La scala finisce e si apre un tunnel lungo quasi mezzo chilometro. Sono i nove cassoni – sette di alloggiamento, due di spalla – posati uno in fianco all’altro e poi uniti in un’unica galleria. Facciamo un passo e dall’alto ci arriva in testa dell’acqua: è la pioggia e alzando la testa si vede il cielo grigio attraverso un cavedio. «Questa parte andrà chiusa quando verrà finito l’impianto di condizionamento», spiegano i tecnici.
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