“Le ‘sardine’ in piazza, un successo”. Il politologo: ma poi servono i voti
Oggi invece non è più così.
“No, l’evento di Bologna è catalogato come un ’single issue’, ovvero una manifestazione legata a una specifica tematica controversa. A Torino il movimento delle ‘madamine’ è una parte di società civile che sente inascoltata dai partiti tradizionali la domanda di modernizzazione del Paese; nel caso di Bologna la mobilitazione è stata contro Salvini”.
Nel 1948, dopo la sconfitta del Pci, Pietro Nenni osservò: “Piazze piene, urne vuote”. Guardando alle elezioni in Emilia-Romagna, i voti delle ’sardine’ sono consensi per il Pd o no?
“Questo è un tema gigantesco per il Pd e il centrosinistra, ma anche per quell’associazionismo che era stato molto forte in questa regione e che non ha una dimensione politica. Di sicuro, quella di Bologna è una platea che non vota Lega. Però l’autoconvocazione sottende anche una richiesta di cambiamento e una critica, in questo caso al centrosinistra, che evidentemente non è in grado di rappresentarla pienamente”.
Quindi questi consensi dove andranno?
“Possono trasformarsi in voti, turandosi il naso. Però attenzione: la crisi della rappresentanza chiede risposte più sofisticate, pensare che basti agitare il ’pericolo’ della vittoria dell’avversario – come è stato in passato l’antiberlusconismo – non basta più”.
A Bologna, quattro ragazzi mobilitano le folle, e il Pd si chiude tre giorni in conclave. Solo coincidenze?
“L’accostamento colpisce, da un lato il Pd esprime gioia per la piazza, ma fatica a costruire momenti simili. L’errore più grave sarebbe quello di metterci il cappello, dalla tre giorni bolognese deve uscire un progetto che sia in grado di parlare agli scontenti. C’è uno spazio che si apre per coloro che dovrebbero dare strumenti di rappresentanza a sinistra: può essere l’ennesima occasione persa nel capo progressista o una spinta positiva. Vedremo”.
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