Pensioni: rivalutazioni, anzianità, quota 100, Ape. Tutte le novità per il 2020

La rivalutazione

E’ stato già stabilito anche l’incremento delle pensioni pagate dall’Inps nel 2020. Da gennaio, i trattamenti pensionistici saranno rivalutati a un tasso dello 0,4%, in linea con l’indice di variazione dei prezzi (inflazione) per il 2020 comunicato dall’Istat.
Per il 2019 non ci sarà alcun conguaglio, visto che l’Istat ha confermato la stima di una variazione dell’indice Foi all’1,1 per cento.
La rivalutazione non sarà uguale per tutti: fino al 2021 il meccanismo prevede l’indicizzazione al 100% per gli assegni fino a quattro volte il minimo (2.052 euro lordi, come deciso dalla legge di Bilancio al vaglio del Parlamento); a scalare per i trattamenti compresi tra quattro e cinque volte il minimo, che avranno il 77% ; tra cinque e sei volte il minimo con una rivalutazione del 52%, che scende al 47% per i trattamenti tra sei e otto volte il minimo, al 45% per i trattamenti tra otto e e nove volte il minimo e al 40% per gli assegni superiori.

La pensione dei 30enni

Per chi oggi ha 30 anni, l’uscita dal mondo del lavoro potrebbe arrivare, invece, sette mesi dopo il 72° compleanno: significa oltre cinque anni e mezzo di attività in più rispetto ai requisiti previsti dalla normativa vigente. Tutto dipende dall’evoluzione delle aspettative di vita. Se aumenteranno poco, lo stesso 30 enne riceverà il primo assegno dell’Inps a 68 anni e 7 mesi. Equivarrebbe, comunque, a 19 mesi in più di «fatica», rispetto a chi matura i requisiti oggi (leggi l’articolo completo).

Quota 100

Resta confermata (è il secondo anno) «Quota 100», ovvero la possibilità di andare in pensione con 62 anni di età e 38 di contributi, come requisiti minimi. Con il meccanismo delle «finestre», ovvero scontando un posticipo di tre mesi tra la maturazione del requisito e la decorrenza della pensione effettiva per i dipendenti del settore privato; per i dipendenti del settore pubblico, invece, ci sono sei mesi di attesa tra la maturazione del requisito e la decorrenza della pensione effettiva (qui l’articolo di approfondimento)

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Ape sociale Opzione donna confermate nel 2020

Ape sociale Opzione donna restano confermate anche per il 2020. La manovra, in attesa di un riordino già annunciato, conferma per altri 12 mesi Opzione donna: potranno andare in pensione le lavoratrici che entro la fine dell’anno avranno raggiunto i 35 anni di contributi e i 58 di età (59 se lavoratrici autonome).
Conferma anche l’Ape sociale, per i lavoratori con almeno 63 anni di età e 30 di contributi (36 se impegnati in attività gravose).

Ape volontaria e aziendale

Da gennaio chiude invece l’Ape volontaria, ovvero l’anticipo finanziario per il pensionamento anticipato con 63 anni di età e almeno 20 di contributi. Senza ripensamenti dell’ultima ora, l’addio allo strumento (molto gradito sia da aziende che lavoratori) vale sia per la versione singola che aziendale.
L’Ape volontario è una forma di anticipo sulle pensioni: si realizza attraverso un prestito (erogato sotto forma di rata mensile) da parte di un istituto di credito e restituito dall’assicurato su base ventennale con trattenute operate dall’Inps sulla pensione.
L’Ape volontaria permette di andare in pensione a 63 anni con 20 anni di contributi versati. Introdotta con la Legge di Bilancio 2017 e confermata con quella del 2018, è prevista la sua fase sperimentale fino al 31 dicembre 2019 (articolo 1, comma 166 e seguenti, legge di bilancio 2017 e articolo 1, comma 162, legge di bilancio 2018). Le rate del prestito consentono di avere un reddito fino a un massimo di 43 mesi prima della pensione, con la possibilità quindi di smettere di lavorare in attesa di ricevere l’assegno previdenziale vero e proprio. I dipendenti del settore privato possono, contestualmente alla adesione all’Ape volontario, sottoscrivere un accordo individuale di Ape aziendale, attraverso cui il datore di lavoro fornisce una dote di contributi che mirano a incrementare la futura pensione (in modo da ridurre l’incidenza della rata di recupero sulla pensione).

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