Sul Mes il governo si gioca la pelle
Ad ogni modo, domani il vertice dovrebbe durare poco, un’ora al massimo, dalle 8.30 alle 9.30 quando Conte ha in programma l’incontro con il commissario europeo uscente agli Affari economici Pierre Moscovici, in visita a Roma. Dopo il saluto istituzionale al capo dello Stato Sergio Mattarella oggi, domani Moscovici, strenuo difensore della riforma del Mes, vedrà anche il ministro dell’economia Roberto Gualtieri, altro convinto sostenitore dell’accordo sul quale l’Italia ha dato il suo ok a giugno, quando al governo c’era Conte ma con Matteo Salvini, che ora attacca sul Mes, e con Di Maio, che si è accodato nella critica trasformando la questione in una materia incandescente per l’esecutivo.
Perché tale è per Conte. Ed è per questo che il premier ci tiene a procedere con i piedi di piombo, lasciando a Gualtieri la parte del difensore a spada tratta degli accordi presi a giugno quando al Tesoro c’era Giovanni Tria. Non che il premier non sia convinto della riforma, che rende più severe le condizioni per accedere ai prestiti del Mes (in sostanza si deve essere in regola con i trattati su deficit e debito o molto molto vicini alla regola), parla esplicitamente di ristrutturazione del debito pur non prevedendone l’automaticità. Ma, da qui agli appuntamenti europei di dicembre, Conte vuole sondare bene la sua maggioranza Pd-M5S, convincere possibilmente i pentastellati recalcitranti, che sguainano la spada contro i rischi di ristrutturazione del debito che, è il loro ragionamento al pari di quello di Salvini, metterebbe a rischio i risparmi degli italiani investiti in titoli di Stato.
Il punto per Conte è: se l’Italia mette la sua firma all’accordo a dicembre ma poi non c’è una maggioranza parlamentare per ratificare l’intesa, non solo si blocca la riforma del Mes ma cade il governo in Italia.
Ecco perché questa storia, innescata dalle accuse della Lega e di fratelli d’Italia sulla base delle critiche alla riforma da parte del governatore di Bankitalia Ignazio Visco e quelle dell’economista Giampaolo Galli nonché di Antonio Patuelli dell’Abi – critiche in tuttti e tre i casi parzialmente ritrattate – rischia di far esplodere maggioranza ed esecutivo, se non si trova una via d’uscita.
Potrebbe infatti non bastare la logica a pacchetto chiesta da Conte a Bruxelles come condizione per dire sì alla riforma del Mes. Vale a dire: le altre due ‘gambe’ del rafforzamento dell’Unione monetaria – creazione di uno strumento di bilancio per la competitività e la convergenza nell’Eurozona (BICC) e approfondimento dell’Unione bancaria con la garanzia dei depositi – potrebbero non essere pronte per l’eurosummit di dicembre, soprattutto l’ultima che è la più delicata per l’Italia. Eppure il consiglio potrebbe comunque ritrovarsi a dover approvare la riforma del ‘Salva-Stati’ con la promessa di passi in avanti sugli altri punti ad anno nuovo. In questo caso, l’Italia potrebbe comunque trovarsi in difficoltà a dire no.
Da Roma si tende l’orecchio verso altre capitali europee che potrebbero sviluppare crisi di maggioranze di governo sull’altare del Mes. Un conto è arrivarci da soli all’eurosummit, unici a dire che così la riforma non va. Altro è ritrovarsi in compagnia con alleati magari tra i paesi mediterranei contro i rigoristi del Nord. Ma non sembra che negli altri paesi ‘sensibili’ – vale a dire con alto debito come l’Italia, tipo Spagna, Francia, Grecia e anche Belgio – il dibattito sia acceso sulla questione. Accade solo nel Belpaese, l’unico ad essere governato da una forza populista, M5S, più il Pd. Riflettori puntati sulla Spagna, dove Podemos dovrebbe dar vita a un governo con il socialista aperto Sanchez. Ma al momento a Madrid sono immersi nell’annosa discussione sull’indipendenza catalana, oltre che sulle trattative per la formazione del governo: il Mes non è oggetto di dibattito, tanto meno di scontro, almeno finora.
Prendere tempo sembra l’imperativo di queste ore a Palazzo Chigi, cosa che potrebbe anche riuscire vista la quantità abbondante di tavoli di crisi aperti, dall’Alitalia all’Ilva. Intanto, proprio mentre infuria lo scontro sul Mes, piomba a Roma Moscovici. È la visita di commiato da Commissario europeo, visto che la prossima settimana a Strasburgo l’Europarlamento darà l’ok finale alla nuova Commissione von der Leyen che si insedierà il primo dicembre, con Paolo Gentiloni al posto di Moscovici.
Certo, oltre che nel bel mezzo delle polemiche sul Mes, l’arrivo del commissario francese a Roma capita all’indomani del giudizio – di fatto sospeso di Bruxelles – sulla manovra economica italiana, rimandata a maggio per la questione del debito alto, ormai proteso verso il 140 per cento del pil. Una questione che si intreccia indissolubilmente a quella sul Mes, evidentemente così calda da accendere il dibattito sul Salva-Stati, come se il Belpaese fosse sul punto di chiedere un aiuto. Non è così, ma l’effetto immagine conta, anche sui mercati.
L’HUFFPOST
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