Reddito di cittadinanza, ecco i primi 300 furbetti: c’è chi spaccia e chi ha una villa con piscina

Poteva mancare il «furbetto del reddito di cittadinanza», che aggira le regole per incassare un bell’assegno a fine mese in cambio di una disponibilità a lavorare più che vaga?

Come in ogni giro d’Italia anche qui c’è una classifica ufficiale. Secondo l’Ispettorato generale del lavoro, sono 185 le persone che finora hanno incassato il reddito di cittadinanza ma non ne avevano diritto. Perché lavoravano in nero, come il nostro addetto al mercato rionale di Erba. O perché il loro lavoro era non solo in nero ma anche criminale, come il contrabbandiere siciliano o lo spacciatore napoletano. La classifica, però, è parziale. I dati dell’Ispettorato si fermano a fine giugno. E quindi riguardano solo il primissimo pezzo di vita della riforma voluta dal governo di Lega e Movimento 5 Stelle, partita ad aprile. Per i mesi successivi bisogna spulciare qua e là tra le pagine dei giornali. Sommando dati ufficiali e notizie sparse, si arriva in tutto ad almeno 300 casi. Considerato che a prendere il reddito sono poco più di un milione di persone, la percentuale dei truffatori è vicina allo zero assoluto. Lo 0,03%, per essere precisi. Nulla di paragonabile rispetto all’intero fenomeno del sommerso che secondo l’Istat riguarda 3 milioni e 700 mila persone e copre il 12% del nostro Pil, cioè della ricchezza prodotta in Italia.

Ma c’è un ma. I truffatori scovati finora sono il risultato di quella che viene chiamata pesca a strascico. Non si cercavano in modo specifico persone che imbrogliavano sul reddito di cittadinanza. Li hanno trovati facendo controlli di altro tipo, sul lavoro nero, sullo spaccio di droga, sul contrabbando. Ma le cose stanno cambiando. Una circolare della Guardia di finanza, di fine ottobre, dispone una serie di controlli mirati proprio per scovare chi ha truffato sul reddito di cittadinanza. Questo non vuol dire che la pesca a strascico non produca i suoi frutti. E qui è arrivato il momento di rimettersi in sella e partire di nuovo per il nostro piccolo giro d’Italia. A Salinagrande, in Sicilia, hanno chiuso un laboratorio di pasticceria non a norma e hanno scoperto che il titolare prendeva un assegno da 700 euro al mese. A Bergamo il sussidio veniva incassato ufficialmente da tre persone morte da quattro mesi, una variazione sul tema della pensione intascata anche dopo che è morto il nonno. A Rimini un 70enne era proprietario di un hotel, ormai chiuso, che vale 800 mila euro, e prendeva pure lui il sussidio. Fino ai bravi ragazzi con villa e reddito, i cinque fermati per mafia a Ficarazzi, vicino a Palermo, che avevano una casa con piscina e arredamento kitsch stile Gomorra, ma per arrotondare non disdegnavano il sussidio dell’Inps.

Non è un problema di sanzioni. Chi fa carte false per ottenere il reddito non solo deve restituire i soldi incassati ma rischia fino a sei anni di carcere. Un deterrente senza precedenti rispetto ad altre misure contro la povertà. Bisogna guardare anche un altro numero, però. Ci sono 44 mila persone che avevano il sussidio ma poi l’hanno perso. Magari perché hanno trovato un lavoro. Oppure perché guadagnano un po’ di più e non rientrano nei limiti fissati dalla legge. Ma tra loro ci potrebbe essere anche qualche furbetto pentito, chi ha provato a fregare lo Stato ma poi, forse spaventato dalle sanzioni, ha fatto marcia indietro. Non basta come consolazione? Allora risaliamo in bici per l’ultima tappa del nostro giro d’Italia. E torniamo lì dove eravamo partiti, in Sicilia. A Castelvetrano Giovanni Benito Firenze prende il reddito di cittadinanza. Non è un furbetto, anzi. Per sdebitarsi pulisce ogni giorno le strade del suo paese. Prima quella di casa sua, via Garibaldi. Poi anche le altre, davanti al museo civico, vicino alla stazione. Lui la spiega così: «Ho voluto dare un messaggio a mio figlio Luigi, che ha cinque anni, per insegnargli che nulla è dovuto». In realtà i lavori di pubblica utilità sarebbero uno degli obblighi previsti per chi prende il reddito di cittadinanza. Ma le regole sono state definite solo poche settimane fa, la macchina non è ancora partita. E allora non ci restano che un po’ di furbetti e qualche piccolo eroe.

CORRIERE.IT

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