I giovani italiani sono stati trascurati. E ora si sono risvegliati

Protagonisti siamo stati noi, i loro genitori e i loro nonni: e non siamo stati lungimiranti. È normale concentrarsi sui propri interessi; ma non al punto da pregiudicare il futuro di chi viene dopo.

La pressione per una sempre maggiore spesa pubblica; irridendo, talvolta, i vincoli europei e ignorando le conseguenze sul debito. La scelta di anticipare la pensione di alcuni, sacrificando risorse che avrebbero potuto essere investite, ad esempio, per sostenere le giovani famiglie. Sono soltanto due esempi – i più noti – delle discutibili priorità nazionali.

La colpa non è soltanto di chi ha approfittato della situazione. È anche di chi si è distratto. Un esempio? La televisione generalista e i quotidiani interessano soprattutto le persone meno giovani: qualsiasi ricerca lo conferma. Restano però un territorio importante, anzi decisivo. Pensateci: buona parte della discussioni sui social partono da una trasmissione televisiva o da un’opinione espressa sui media tradizionali. Le notizie che poi ritroviamo ovunque – sui siti, sui blog, alla radio – sono il frutto, quasi sempre, del lavoro delle redazioni di giornali e telegiornali.

Giovani e giovanissimi italiani si sono così trovati a inseguire, spesso senza rendersene conto. Temi e tempi, negli ultimi anni, sono stati dettati dalle generazioni precedenti. Soltanto Matteo Renzi e il Movimento 5 Stelle, prima di avvitarsi penosamente su se stessi, hanno provato a raccogliere e interpretare le ansie dei nuovi arrivati. La vita pubblica, per i giovani italiani, è stata a lungo un rumore di fondo: e le conseguenze le abbiamo viste. Una nazione ipnotizzata dal passato prossimo, preoccupata del presente e disinteressata al futuro.

Non è accaduto solo in Italia. Pensate al Regno Unito. Brexit – l’ho scritto, da Londra, il giorno dopo il referendum del 2016, guadagnandomi una cascata di (anziani) insulti – è stata un’operazione-nostalgia, lo sgambetto dei nonni ai nipoti. Troppi giovani inglesi – lo dicono tutte le analisi del voto – si sono disinteressati alla questione, dando l’Europa per scontata: pagheranno a lungo le conseguenze di quella distrazione, purtroppo. Pensate alla Francia: gli spaccatutto in giallo non sono ragazzi, di sicuro. Pensate agli Stati Uniti. Un uomo arrabbiato e imprevedibile, Donald Trump, sta ipnotizzando la nazione e dettando l’agenda. Dov’è l’America che conosciamo? L’America radiosa, affamata di futuro? Travolta dai tweet notturni di un settantatreenne.

È sbagliato generalizzare, ma talvolta occorre sforzarsi di capire quali sono le linee di tendenza. Oggi sembrano queste: adolescenti e giovanissimi stanno riprendendosi il centro della scena, trascinando con sé anche la generazione dei fratelli maggiori. È difficile prevedere le conseguenze, e capire quanto – e quando – questo fenomeno cambierà la traiettoria delle democrazie. Ma qualcosa sta certamente accadendo, ed è qualcosa di buono.

Chi ha un’altra età, e un po’ di memoria, sa bene quali sono i rischi: trasformare l’entusiasmo in presunzione, la freschezza in arroganza, l’intraprendenza in aggressività. È già accaduto, nella storia politica d’Italia. Molti dei ragazzi entusiasti degli anni 60 e 70 del Novecento – ragazzi di ogni opinione, non permettiamo alla sinistra di monopolizzare i ricordi – brillano oggi per chiusura e egoismo, e dispongono di occasioni e palcoscenici dove esibirli.

Non deve necessariamente accadere di nuovo. Lasciamo che una nuova generazione costruisca il proprio futuro, ora che sta trovando voce, passione ed energia; e sosteniamola, perché possiamo farlo. Ha davanti tanta vita: più della nostra.

CORRIERE.IT

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