Il Mes diventa la Tav giallorossa
Un campo da battaglia sì, perché mai come oggi è scoppiata con virulenza la polemica nel governo. Ha aperto le danze Dario Franceschini: “Sul Mes in queste ore ci giochiamo la credibilità del paese, l’andamento dello spread e dei mercati”. Il capo delegazione del Pd si rivolge poi direttamente agli alleati. Con parole dure: “Non si può giocare con il fuoco. Questa mattina Di Maio ha detto che il M5s lavorerà con spirito costruttivo e leale collaborazione con a tre forze maggioranza. Prendiamo per buone queste parole di Di Maio e da qui a lunedì vedremo se alle intenzioni seguiranno i fatti e i comportamenti”.
L’attacco della voce più pesante del Nazareno al governo coglie in contropiede i 5 stelle. Passano diverse ore, dense di telefonate e reciproci messaggi, prima della risposta. All’ora di cena esce una nota ufficiale del Movimento 5 stelle. È apparentemente conciliante: “Stiamo cercando di avere un approccio costruttivo, tutti sanno che il Mes è modificabile ed emendabile, mettiamoci al lavoro e il Pd lavori con noi”. Ma è nel cuore delle poche righe diffuse che viene sganciata la bomba: “Se qualcuno vuole alzare i toni e metterla sul tema della credibilità, a noi sembra che la credibilità come stato in questi anni l’abbiamo persa proprio quando si firmava qualsiasi cosa per compiacere sempre qualche euro burocrate piuttosto che tutelare gli interessi dell’Italia”. Un lessico che riporta indietro le lancette di mesi, quando Pd e M5s se le suonavano di santa ragione, e una diffidenza quasi antropologica ancor prima che politica ne segnava la distanza.
Il capo politico M5s non ha ancora chiaro se e cosa potrà essere modificato. Al di là dei contenuti, è sul piano delle relazioni già sfibrate del governo che si combatterà la battaglia al cospetto di Conye. Di Maio sa che per avere la possibilità di incassare qualcosa, è fondamentale che i ministri dell’Economia che si riuniranno per l’Eurogruppo il prossimo 4 dicembre non chiudano la partita. Quella stessa partita che, al contrario, Roberto Gualtieri considera archiviata. Da Bruxelles filtra che il barattolo potrebbe essere calciato un po’ più in là. E Di Maio vuole cogliere questa opportunità, pur sapendo che un gruppo di stati vorrebbe stringere ancor di più le maglie per accedere al fondo, rendendo di fatto un’incognita per l’Italia tenere il dossier aperto. “Ma se qualcosa può essere modificato a nostro favore, dobbiamo provare di tutto per farlo”, spiega il ministro degli Esteri.
Per questo il Movimento 5 stelle metterà sì sul piatto una serie di punti su cui riaprire la trattativa, anche considerando le altre partite che si stanno giocando in Europa (a partire da quella sull’unione bancaria), ma il principale obiettivo sarà far ingoiare al Pd una procrastinazione della trattativa. Su questo i pentastellati si aspettano l’appoggio di Conte. Il presidente del Consiglio non ci sta a essere bersaglio della propaganda salviniana, e alzerà il livello della polemica rispondendo per le rime alla coppia Salvini-Meloni. Una strategia che fa gioco ai 5 stelle.
Quando il premier verrà in aula lunedì per spiegare la linea del governo, la linea M5s nel dibattito che ne seguirà sarà prudente. Ancora non è chiaro se a prendere la parola sarà il vicecapogruppo Francesco Silvestri (sì, il vice, perché l’incapacità di eleggere un nuovo presidente dei deputati è diventata la barzelletta del momento in Transatlantico) o uno tra Maniero e Raduzzi. Chiunque sia, sarà ben attento a non attaccare il premier, rivendicando la bontà delle modifiche richieste e spingendo anche in quella sede per spuntare un rinvio per poterle ottenere. Da Bruxelles filtra la possibilità che effettivamente la partita possa essere ancora aperta, ma le incognite su quanto e cosa potrà essere cambiato rimangono tutte in campo. E forse non sono nemmeno il cuore di una vicenda che sta assumendo una piega sempre più storta.
L’HUFFPOST
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