L’efficienza che non c’è. Burocrazia e clientele: resa ingloriosa

di GABRIELE CANE’

Vogliamo dire che i numeri, certi numeri, hanno un valore relativo? E che certe cifre fanno pure sorridere, ridere, sbellicare dalle risate? Diciamolo. Se la commissione antimafia valuta in 150 miliardi all’anno il fatturato di Cosa nostra, e in 60 quello della ‘ndrangheta, perché non pensare che con gli enti inutili se ne buttino via una dozzina? Salvo complicazioni. 

E immaginate che botto di miliardi verrebbe fuori se riuscissimo a conteggiare quanto danaro va in fumo con il cattivo funzionamento degli enti che dovrebbero essere utili, e che invece funzionano così male da creare danni colossali al cittadino e alle imprese.

Insomma, se prendiamo per buono quanto guadagnano gli eredi di Totò Riina, come se avessimo le fatture di ogni bustina di droga spacciata; se calcoliamo al millesimo ciò che si evade ogni anno, come se conoscessimo gli evasori e i loro redditi, possiamo prendere per buono questo enorme sciupio di risorse in enti di cui addirittura non conosciamo né la quantità né i contorni giuridici. Un terzo della manovra che il governo sta per varare condita da una pioggia di microtasse.

Certo, mica si può fare due più due: aboliamo gli enti inutili e ci risparmiamo nuove imposte. Magari. È più facile che veniamo aboliti noi cittadini prima di organismi fondamentali per la collettività come il fondamentale Istituto per l’incremento ippico della Sicilia. Ma tra non riuscirci, come non ci sono riusciti tanti governi di buona volontà, e non provarci neppure, beh, c’è una bella differenza.

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