Non solo dazi, sulla Cina incombe l’ombra del maxi debito
dal nostro corrispondente FILIPPO SANTELLI
PECHINO – Più che i “cigni neri”, eventi rari e imprevedibili, il Partito comunista teme i “rinoceronti grigi”, pericoli noti ed evidenti, come i grandi mammiferi cornuti, ma che rischiano di essere ignorati fin quando non è troppo tardi. La montagna di debito complessivo della Cina, che ha superato il 300% del Pil, è uno di questi bestioni, e nonostante le autorità comuniste stiano già da anni cercando di contenerla il pericolo è tutt’altro che scongiurato. Anzi, nelle ultime settimane i segnali di allarme si moltiplicano: banche locali che fanno crack, l’indebitamento delle famiglie a livelli record, quasi il 100% del reddito disponibile, un aumento dei default delle imprese, perfino quelle di Stato un tempo considerate al sicuro da ogni tempesta.
Per il momento non si tratta ancora di un’emergenza. Un’asta di titoli
di Stato per 6 miliardi di dollari conclusa con successo dalla Banca
centrale lo conferma. Eppure lo stress finanziario rende molto più
stretta la strada del governo, nel momento in cui l’economia cinese sta
rallentando in maniera brusca. Un tempo a frenate di questo tipo la
leadership rispondeva varando mega stimoli, ora né la Banca del popolo
né il governo sembrano intenzionati a rovesciare soldi dall’elicottero:
sciogliere le briglie della politica monetaria o di quella fiscale
rischierebbe di far crescere ancora l’indebitamento, incentiverebbe
bolle speculative e spingerebbe aziende e famiglie a spendere oltre le
loro possibilità.
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