Marta Cartabia presidente della Corte Costituzionale: 4 motivi per gioirne (e i passi avanti ancora da fare)



È una buona notizia perché alla Presidenza della Corte costituzionale arriva una persona in grado, per i suoi studi e le sue esperienze, di comprendere per quali nuove strade si sta incamminando il mondo. Questo è importante anche per comprendere e contenere le posizioni regressive dei neo-nazionalisti che vorrebbero nuovamente rinchiudersi nei confini nazionali, ergendo barriere e muri.

È, infine, una buona notizia perché per la prima volta una donna prende la Presidenza della Corte costituzionale. Ci sono voluti 63 anni perché al vertice di un organo la cui prima missione è quella di garantire l’eguaglianza si affermasse la parità di genere.

Ricordiamolo, dunque, con quanta difficoltà, con quanto tempo, con quali ritardi, l’umanità si libera di pregiudizi, di modelli culturali, di prigioni intellettuali per riconoscere nei fatti un principio in astratto affermato da secoli, quello di eguaglianza. Fino al 1919, secondo una norma del codice civile, «la moglie non può donare, alienare beni immobili, sottoporli a ipotesa, contrarre mutui, cedere o riscuotere capitali, costituirsi sicurtà, né transigere o stare in giudizio relativamente a tali atti, senza l’autorizzazione del marito». Solo nel 1946 le donne italiane hanno potuto partecipare alle elezioni politiche nazionali. Solo nel 1956 hanno potuto accedere alle giurie popolari delle Corti di Assise. Solo nel 1965 le prime otto donne sono divenute magistrate. Ancora oggi nessuna donna ha presieduto la Corte di Cassazione, il Consiglio di Stato, la Corte dei conti.

Eppure l’articolo 51 della Costituzione è chiaro: «Tutti i cittadini dell’uno e dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza». Sarebbe bastato scrivere «in condizioni di eguaglianza». I costituenti vollero precisare: «dell’uno e dell’altro sesso». E nel 2003 venne aggiunto «a tal fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini».

Molti passi sono stati fatti. Un terzo dei parlamentari è donna. Sono donne metà dei prefetti e metà dei magistrati (ma, tra questi ultimi, sono donne solo un quarto dei titolari di funzioni direttive).

In un Paese preoccupato per le sorti della sua economia, per la mancanza di posti di lavoro, per il continuo dividersi dei suoi governanti, per le minacce rivolte ai suoi legami storici con l’Europa e con l’Occidente; in un Paese impaurito dai miti negativi, agitati dai neo-nazionalisti, per i quali l’Italia sarebbe dominata da criminalità e corruzione e messa in pericolo dall’invasione di stranieri, la Corte costituzionale — eleggendo all’unanimità, con straordinaria coesione, il suo nuovo presidente — ci dice che c’è ancora posto per la speranza.

CORRIERE.IT

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