I nuovi telescopi che stanno per rivoluzionare la caccia alla vita aliena e perfino la nostra comprensione dell’universo
L’Hubble ha anche scoperto che l’universo si sta espandendo più rapidamente di quanto non immaginassero gli scienziati.
Restano però molti interrogativi. Come si è evoluto l’universo nel tempo? Perché non siamo in grado di vederne il 95%? Se esistono gli alieni, dove sono?
Nove anni di osservazioni dell’Hubble Space Telescope hanno rivelato l’esistenza di circa 10.000 galassie in una delle zone più buie e profonde del cielo notturno. Nasa/ESA/IPAC/Caltech/STScI/Arizona State University
La prossima generazione di telescopi — installati nello spazio e sulla Terra — cercherà di colmare queste lacune nelle conoscenze in nostro possesso.
Nel febbraio 2010 l’Hubble Space Telescope ha fotografato il caos in cima a una colonna di gas e polvere, dall’altezza di tre anni luce, che viene ‘mangiata’ dalla luce delle sfolgoranti stelle vicine. Nasa, ESA, M. Livio e Hubble 20th Anniversary Team (STScI)
Prima di tutto, la Nasa sta costruendo il James Webb Space Telescope (Jwst) per scrutare la storia dell’universo.
Nasa/Chris Gunn
Il telescopio studierà come si formarono le prime stelle e galassie, come nascano i pianeti e dove possa esistere la vita nell’universo.
Questo dispositivo è già pienamente assemblato, e deve affrontare un lungo processo di collaudo nelle strutture di Northrop Grumman in California prima della data del lancio, programmato per il 30 marzo 2021.
Uno specchio di berillio dal diametro di 6,4 metri consentirà il telescopio James Webb di osservare galassie lontane in dettaglio e di cogliere segnali estremamente deboli all’interno della nostra.
Ingegneri della Nasa scoprono il gigantesco specchio dorato del James Webb Space Telescope dell’ente. Nasa Goddard
Quanto più lontano il telescopio rivolgerà lo sguardo nello spazio, tanto più guarderà indietro nel tempo, tanto da poter addirittura rilevare i primi bagliori del Big Bang.
Il Jwst osserverà anche galassie giovani lontane a un livello di dettaglio che non abbiamo mai raggiunto prima.
Grazie alla nuova tecnologia a infrarossi, il telescopio potrebbe offrire immagini senza precedenti del buco nero supermassiccio situato al centro della Via Lattea.
Un’illustrazione del James Webb Space Telescope (Jwst) che rileva raggi infrarossi nello spazio. Nasa
Queste immagini potrebbero aiutarci a rispondere a interrogativi sulle modalità di formazione della galassia e del suo buco nero.
“Nasce prima il buco nero e poi le stelle prendono forma intorno a esso? Oppure le stelle si avvicinano ed entrano in collisione per formare il buco nero? Sono queste le domande a cui vogliamo rispondere” ha dichiarato Jay Anderson, scienziato che lavora al Jswt, in un comunicato stampa diffuso a ottobre.
Il Jwst cercherà anche segnali di vita aliena nell’atmosfera degli esoplaneti (quelli situati al di fuori del nostro sistema solare), ma solo di quelli più grandi della Terra.
L’illustrazione che ritrae Kepler-62e, una “Superterra” situata nella fascia abitabile di una stella più piccola e più fredda del Sole, a circa 1200 anni luce di distanza nella costellazione di Lyra. Nasa/Ames/JPL-Caltech
Misurando l’intensità della luce stellare che attraversa l’atmosfera di un pianeta, il telescopio potrebbe calcolare la composizione di tale atmosfera.
Gli scienziati hanno già identificato oltre 4.000 esopianeti.
Un’illustrazione che mostra il possibile aspetto della superficie di Trappist-1f, un pianeta roccioso a 39 anni luce di distanza dalla Terra. Nasa/Jpl-Caltech
Ma finora non sono riusciti a studiare l’atmosfera della maggior parte di questi pianeti per cercare segnali di vita, noti anche come “biofirme” (biosignatures).
Il fatto che l’atmosfera di un esopianeta contenga sia metano sia diossido di carbonio, per esempio, indica che potrebbe ospitare la vita. Il Jwst andrà in cerca di segnali come questi.
Questa illustrazione grafica mostra la vista immaginaria dalla superficie di uno dei tre pianeti che orbitano intorno a una stella nana ultrafredda situata a soli 40 anni luce dalla Terra. ESO/M. Kornmesser
L’atmosfera terrestre contiene molto ossigeno perché la vita lo produce da miliardi di anni. Questo gas non è sufficientemente stabile da durare a lungo di per sé, pertanto deve essere prodotto costantemente per essere così abbondante.
La compresenza di diossido di carbonio e metano (come nell’atmosfera terrestre) la dice ancora più lunga, soprattutto se è assente il monossido di carbonio.
Il motivo è che diossido di carbonio e metano normalmente reagirebbero l’uno con l’altro dando vita a nuovi composti. Pertanto, se esistono in forma separata c’è probabilmente qualcosa che li produce costantemente. Questo qualcosa potrebbe essere un vulcano, ma per quanto ne sappiamo solo una forma di vita potrebbe rilasciare così tanto metano senza emettere anche monossido di carbonio.
Per riprendere il filo da dove l’ha lasciato Hubble, la Nasa sta anche costruendo il Wide Field InfraRed Survey Telescope (Wfirst).
Dave Sime lavora sullo specchio principale del Wfirst. Harris Corporation / TJT Photography
L’ente ha in programma di lanciarlo nell’orbita terrestre alla metà degli anni Venti del secolo in corso. Nell’arco dei suoi cinque anni di vita il telescopio spaziale misurerà la luce emessa da un miliardo di galassie e sonderà la parte più interna della Via Lattea nella speranza di trovare circa 2600 nuovi pianeti.
Il Wfield avrà un campo visivo grande più di 100 volte quello dell’Hubble. Ciascuna delle fotografie che scatterà varrà 100 immagini prodotte dall’Hubble.
Raffronto fra il campo visivo del Wfield e quello dell’Hubble. Nasa
L’ampiezza raggiunta aiuterà gli scienziati a indagare sugli interrogativi esistenti su ciò di cui è fatto l’universo e su come funziona — a partire dalla materia oscura.
La materia oscura costituisce l’85% dell’universo, ma nessuno sa con certezza che cosa sia. Noi non possiamo vederla, perché non interagisce con la luce.
La zona nebbiosa al centro costituisce l’interpretazione dell’astronomo sui punti in cui è situata la materia oscura in questo raggruppamento di mille galassie. Nasa Goddard Spaceflight Center
Il Wfirst aggirerà questo problema misurando gli effetti della materia oscura e della sua controparte, una forza sconosciuta chiamata energia oscura.
Illustrazione grafica della prima astronave Wfirst. Nasa (Goddard Space Flight Center)
L’intero universo è composto da un 27% di materia oscura e un 68% di energia oscura. Tutto ciò che possiamo vedere e che possiamo osservare mediante gli strumenti scientifici rappresenta meno del 5%.
La gravità dovuta alla materia oscura tiene insieme l’intero universo, mentre l’energia oscura fa allontanare ogni cosa da tutte le altre.
Due galassie che interagiscono, rilevate dall’Hubble. Nasa, ESA e Hubble Heritage Team (STScI/AURA)
L’energia oscura sta avendo la meglio; è per questo che l’universo è in via di espansione.
Il nostro modello attuale dell’universo. Nasa
Il Wfirst cercherà di effettuare una mappatura del misterioso funzionamento di materia ed energia oscura misurando l’espansione dell’universo nel tempo.
“Questo condurrà a un’interpretazione molto ricca e solida degli effetti dell’energia oscura, e ci consentirà di fare affermazioni ben definite sulla sua natura” ha dichiarato in un comunicato stampa Olivier Doré, uno scienziato della Nasa che si sta occupando del Wfirst.
La European Space Agency (Esa, cioè l’Ente spaziale europeo) sta progettando il telescopio Euclid per scopi simili.
Illustrazione grafica dell’astronave Euclid. ESA/C. Carreau
L’Euclid getterà il suo sguardo nello spazio profondo per vedere la luce proveniente dai tempi remoti e studiare come si è evoluto l’universo negli ultimi 10 miliardi di anni. Il suo lancio è previsto per il 2022.
Entrambi i telescopi cercheranno di risolvere una crescente disputa in ambito cosmologico: a quale velocità si sta espandendo l’universo?
Illustrazione del telescopio Euclid della European Space Agency, che sonderà “l’universo oscuro”. ESA/C. Carreau
Le misurazioni dei giorni nostri contraddicono le previsioni formulate dagli scienziati sulla base dei tempi remoti. Tale disallineamento indica che nel modello standard dell’universo manca una componente importante, ma nessuno sa quale sia.
“È in questo che risiede la crisi della cosmologia” ha affermato l’astrofisico Chris Fassnacht in un comunicato stampa a ottobre.
Il Large Synoptic Survey Telescope (Lsst) cercherà di risolvere questo conflitto dalla località in cui è in via di costruzione, sui monti cileni. Sonderà l’intera volta celeste per 10 anni.
Il Large Synoptic Survey Telescope al tramonto a Cerro Pachón, in Cile. LSST Project/NSF/AURA
Il Lsst, che dovrebbe essere pronto nel 2022, misurerà l’espansione dell’universo. Inoltre traccerà i movimenti di asteroidi potenzialmente pericolosi che potrebbero passare a una distanza rischiosa dalla Terra.
Su un’altra montagna cilena, l’Extremely Large Telescope (Elt) cercherà biofirme nelle atmosfere di “Superterre” rocciose.
Illustrazione grafica dell’Extremeluy Large Telescope (Elt) sul Cerro Armazones nella zona settentrionale del Cile. ESO/L. Calçada/ACe Consortium
Grazie al suo diametro di 39 metri, sarà il telescopio ottico più grande del mondo una volta che sarà stato completato, nel 2025.
L’Elt misurerà anche l’espansione dell’universo e l’accelerazione della stessa nel tempo.
Illustrazione grafica dell’Extremely Large Telescope (Elt) europeo di notte, mentre effettua le sue osservazioni. ESO/L. Calçada
Tuttavia, manca qualcosa in quest’elenco di telescopi in programma: uno strumento in grado di cercare biofirme sugli esopianeti che hanno più probabilità di ospitare vita aliena.
La zona abitabile di una stella è la fascia orbitale entro cui la superficie di un pianeta potrebbe avere la temperatura giusta per consentire l’esistenza di acqua liquida. Nasa
Il motivo è che i pianeti con più probabilità di essere abitabili di solito hanno dimensioni simili a quelle della Terra, che è molto piccola.
“Dobbiamo attendere la prossima generazione di strumenti — la prossima generazione di strumenti che verranno installati sulla Terra e nello spazio — per iniziare davvero a svolgere questa ricerca in relazione ai pianeti simili alla Terra che hanno tutte le carte in regola per poter essere abitabili” ha detto a Business Insider Jessie Christiansen, un ricercatore della Nasa che si occupa di esoplaneti.
Nessuno dei telescopi attualmente in costruzione ha una potenza sufficiente per poter osservare da vicino l’atmosfera di esoplaneti di dimensioni simili alla Terra. Ma la Nasa sta valutando dei concept relativi a telescopi che sarebbero in grado di farlo.
Questa illustrazione grafica di un allineamento planetario mostra pianeti situati entro la fascia abitabile con alcuni aspetti simili alla Terra: da sinistra, Kepler-22b, Kepler-69c, Kepler-452b (la cui esistenza è stata appena annunciata), Kepler-62f e Kepler-186f. L’ultima della fila è proprio la Terra. Nasa/Ames/JPL-Caltech
In teoria due telescopi proposti come possibili progetti da realizzare, Il Luvoir e l’HabEx, potrebbero schermare la luce delle stelle a sufficienza da essere in grado di esaminare i pianeti simili alla Terra che orbitano intorno a esse.
Disegno del telescopio Luvoir. Nasa/Goddard Space Flight Center
La proposta del Luvoir è basata su un design simile a quello del Jwst. In base a una stima potrebbe scattare in quattro anni immagini di 50 esopianeti di dimensioni simili alla Terra, studiandone l’atmosfera, le stagioni e perfino la superficie.
Se verrà deciso di finanziarli e di costruirli, questi telescopi potrebbero essere lanciati negli anni Trenta del secolo in corso.
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