Un Movimento 5 Stelle preoccupato dalle sue spinte centrifughe
Già sullo strumento in sé si nutrono perplessità trasversali, vista anche l’esperienza analoga durante il governo di Matteo Renzi. Preoccupa la quasi certezza che diventi uno strumento di lotta politica: tanto più se coincidesse con una fase elettorale. Per questo si è subito aperto uno scontro sulla figura del presidente. All’inizio il Movimento 5 Stelle ha puntato su una sua candidatura unilaterale. Ma poi si è dovuto rassegnare a trattare col Partito democratico, e ammettere che sul vertice della commissione ci sarebbe stato «un accordo di maggioranza», rinviando tutto.
È la conferma che i Cinque Stelle non possono permettersi di far cadere il governo; e che la strada del compromesso col Pd è obbligata: anche perché il partito di Nicola Zingaretti sta dando segnali di insofferenza per i continui smarcamenti di Di Maio. Grillo che non riesce a trattenere nessuno dei transfughi del Movimento, rivela la sua impotenza. Ma punta anche implicitamente il dito sulla gestione di Di Maio. Costruire un percorso comune per il 2020, dunque, non è solo uno slogan: si rivela una necessità, in particolare per il M5S. Anche perché cresce la consapevolezza che dopo il governo Conte, il Quirinale sarebbe costretto a sciogliere le Camere: ogni altra maggioranza risulterebbero bruciata. Per Grillo e seguaci, significherebbe dire addio a una posizione di rendita parlamentare irripetibile: anche se la rivelazione del declino sarebbe solo rinviata.
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