Intervista a Nicola Zingaretti: «Se cade il governo si vota. Conte punto di riferimento per tutti i progressisti»
Il referendum sul taglio dei parlamentari avvicina il voto?
«Le elezioni ci saranno se dovessimo valutare che l’esecutivo ha esaurito la sua funzione e non serve più all’Italia. Il Pd non intende stare al potere per il semplice gusto di esercitarlo. In ogni caso, la vicenda del referendum sul taglio dei parlamentari non influisce sulla data del voto».
Se Matteo Renzi rompesse poi non vi alleereste con Iv?
«È
Italia viva che deve decidere se stare o meno dentro la prospettiva del
campo progressista. Nel Paese si sta riaffermando uno schema bipolare.
Lo stesso straordinario movimento delle sardine, con la sua semplicità
così intensa, ha scelto da che parte stare. Mi è parso buffo che tanti
commentatori abbiano manifestato la loro insoddisfazione per la scarsità
di proposte da parte di quelle splendide piazze. I loro ideali, il loro
sentimento di fondo, la loro civiltà politica, la loro stessa presenza
fisica sono un contenuto che da tempo il campo democratico non riusciva
ad esprimere. Il problema, semmai, è come i partiti progressisti saranno
in grado di porsi in sintonia con queste ragazze e questi ragazzi,
rispettandone la totale autonomia e senza doversene avvantaggiare per
fini di parte. Se le cose stanno così, e se le alternative sono chiare,
ogni ambiguità e incertezza da parte dei partiti di governo non ha molto
spazio nel futuro e certamente oggi non contribuisce a battere la nuova
destra che abbiamo di fronte».
Contento che Giuseppe Conte dica che questo è un governo di centrosinistra?
«Sì.
Ma per me non è una scoperta. Avevo già percepito il suo essere parte
del pensiero democratico. Naturalmente con una sua originalità e
autonomia, che per me sono una ricchezza».
Dopo le Regionali farete il congresso?
«Ora
la priorità assoluta è non distrarsi dalle elezioni di Emilia Romagna e
Calabria. Poi penso ad un congresso che rifletta e adegui non solo i
nostri programmi, ma anche la nostra cultura politica, il nostro sistema
di valori, la nostra forma partito. Ho molte idee in proposito. Penso
ad un appuntamento di grande proposta e coinvolgimento oltre che degli
iscritti della società italiana. È cambiato tanto nei mesi che ci stanno
alle spalle. Mi pare che siamo riusciti dall’ultimo congresso in poi a
tamponare un tracollo, ad assorbire una scissione, a varare una
esperienza importante di governo e a portare un clima civile e sereno
nel confronto interno. Il Pd c’è. Questo non era scontato ed è il
principale protagonista della risposta possibile alla destra. Ma questo
non basta più a fronte delle sfide che ci stanno dinnanzi. Ecco perché
il congresso. Che deve essere politico, di grande apertura e
rinnovamento ed anche di verifica di tutti i gruppi dirigenti,
ovviamente compreso il segretario».
È ancora possibile una coalizione con i 5 Stelle?
«Nel
Movimento 5 Stelle è in corso un confronto che va rispettato. Una parte
è convinta di un rapporto leale e duraturo con la sinistra. A partire,
mi sembra, da Grillo, insofferente per natura alla prepotenza di
Salvini. Altri hanno opinioni mi sembra diverse. Io, ripeto, rispetto,
ma credo che la scelta fatta per l’Emilia e la Calabria sia figlia di
questa incertezza. Ma confido che molti loro elettori sceglieranno
Bonaccini e Callipo».
Conte potrebbe essere il vostro candidato premier?
«Conte
si è dimostrato un buon capo di governo. Autorevole, colto e anche
veloce e sagace tatticamente. Non va tirato per la giacchetta. Anche se è
oggettivamente un punto fortissimo di riferimento di tutte le forze
progressiste. Il futuro, tuttavia, sarà determinato dalle scelte che
ognuno compirà nei prossimi mesi».
Non si capisce che riforma elettorale vogliate…
«Semplice: siamo partiti dalla nostra posizione per un maggioritario a doppio turno ma le riforme si fanno con i voti e ora occorre trovare una sintesi. Un maggioritario troppo squilibrato, nell’attuale atipico bipolarismo italiano, può portare ad una soverchiante e sproporzionata vittoria della destra sovranista. Un proporzionale puro, al contrario, sarebbe la semplice fotografia della frammentazione attuale. Tra queste due opzioni vi è il terreno di un confronto di tutta la maggioranza e, poi, anche con l’opposizione. Stiamo parlando di sistemi proporzionali non puri che comunque garantiscono la massima semplificazione del quadro politico e conservano un’ambizione al bipolarismo».
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