Salvata da Merkel e Draghi, ora l’Ue può solo investire e innovare
Alberto Quadrio Curzio Economista, presidente emerito Accademia dei Lincei
Con il 2019 si chiude non solo l’anno, ma anche il decennio 2010-2019, sul quale rifletto qui guardando all’Europa nella speranza che un periodo abbastanza lungo consenta di avere una prospettiva relativamente oggettiva su cui costruire un futuro. La mia tesi è che l’Europa (ovvero la Ue e l’Eurozona) sia uscita con fatica dalla peggiore crisi nei sessanta anni dai Trattati di Roma con una certa ripresa istituzionale ed economica, ma con un fronte macro-sfide non minori.
Due statisti europei
La storia della crisi è nota, ma anche dimenticata nella sua gravità. Iniziata “ufficialmente” alla fine del 2009, con la dichiarazione del neo-primo ministro della Grecia che i conti pubblici erano stati falsificati, è poi precipitata nella crisi finanziaria e dei debiti sovrani per gli Stati dell’Eurozona più deboli per ragioni varie e diverse: Grecia, Irlanda, Portogallo, Cipro, Spagna, Italia.
La crisi greca, portatrice di un potenziale di contagio drammatico, fu affrontata per tentativi successivi che hanno visto attori per la concessione di prestiti sia la cosiddetta “Troika” (Bce, Fmi, Commissione europea) sia dal giugno 2010 un nuovo fondo di salvataggio europeo (Efsf) poi affiancato e sostituito dallo Esm, nato nell’ottobre del 2012. Questo organismo finanziario sovranazionale partecipato dagli stati membri dell’Eurozona è cresciuto sino a raggiungere (sommato al primo) nel 2016 più di 250 miliardi di euro prestati a Portogallo, Irlanda, Spagna, Grecia e Cipro. Il Fondo Esm è una innovazione molto importante il cui merito va principalmente ad Angela Merkel, anche se il suo ruolo è stato sottovalutato. Suo è invece il merito di aver vinto le resistenze dei suoi ministri e della opinione pubblica tedesca sulla necessità di evitare il default della Grecia che, per contagio, avrebbe portato alla distruzione dell’euro. Si dirà che la Grecia è stata pauperizzata da politiche europee sbagliate, ma il giudizio non tiene conto della concitazione del momento, della opinione pubblica tedesca, della mala gestio pubblica greca.
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