Iran, decine di migliaia in strada protestano per l’uccisione di Soleimani: «Morte all’America»
I tweet
La risposta di Trump è affidata a Twitter. Sul social il presidente americano ha scritto: «L’Iran non ha mai vinto una guerra, ma non ha mai perso un negoziato!». A questo cinguettio ne sono seguiti altri due che parlano del generale e dell’Iran: «Qassem Soleimani ha ucciso o ferito migliaia di americani in un lungo periodo di tempo e stava pianificando di ucciderne molti altri… ma lo abbiamo preso. Lui è stato direttamente o indirettamente responsabile della morte di milioni di persone, compresi i tanti manifestanti uccisi in Iran». E ancora: «Anche se l’Iran non lo ammetterà mai, Soleimani era odiato e temuto nel suo Paese: non sono rattristati come i leader fanno credere al mondo esterno: avrebbe dovuto essere eliminato molti anni fa».
Le tensioni
Intanto le tensioni salgono, preoccupando tutto il Medio Oriente al punto che l’ambasciata degli Usa a Bagdad invita gli americani tramite una nota «a lasciare l’Iraq immediatamente». Mentre la Farnesina lancia un appello ad agire con moderazione. «Gli ultimi sviluppi della situazione in Iraq sono molto preoccupanti. Negli ultimi giorni abbiamo assistito ad una pericolosa escalation culminata nell’uccisione del generale iraniano (Qasem) Soleimani», spiega la nota del ministero degli Esteri che sostiene che «nessuno sforzo deve essere risparmiato per assicurare la de-escalation e la stabilità». Aggiungendo che «nuovi focolai di tensione non sono nell’interesse di nessuno e rischiano di essere terreno fertile per il terrorismo e l’estremismo violento».
L’esperto di Iran
Secondo l’esperto di Iran Nicola Pedde, direttore dell’Institute for Global Studies (Igs), l’uccisione di Soleimani rischia di rivelarsi per gli Usa un terribile autogol. «Gli americani perdono definitivamente l’unico uomo che sapesse dialogare con loro» e allo stesso tempo si rafforzano i falchi a Teheran, indebolendo quella componente dell’establishment iraniano in grado di dialogare con l’Occidente. Per Pedde, quello che più colpisce di questa operazione è il fatto che Soleimani, «al di là della narrativa che lo ha dipinto come il capo dei terroristi», fosse l’unico argine che fino ad oggi aveva «impedito l’emergere di un conflitto diretto» e ora quell’argine è «venuto meno» insieme alla «capacità degli Stati Uniti di negoziare con l’apparato difensivo iraniano sul piano della razionalità».
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