Gli immigrati in Italia: che cosa dicono i numeri
di Ferruccio de Bortoli |
Le immagini dei primi nati dell’anno sono commoventi. I neonati, in un Paese che invecchia, sono ancora più i benvenuti. Il primo nato a Torino è stato Hadega; a Brescia Youssef; in Calabria Harshita; in Liguria Daniel; in Friuli Venezia Giulia Amar; in Sicilia Mohammed; in Puglia Iuliana. Che cos’hanno in comune questi bimbi? Sono tutti figli di immigrati. L’Italia è il loro Paese. L’Unicef ha stimato per il giorno di Capodanno la nascita in Italia di oltre mille e duecento bimbi. Speriamo siano stati di più. Comunque uno ogni 39 cinesi. Questo articolo presumo non piacerà. Forse, alla fine, nemmeno al suo autore. Perché anche chi scrive vorrebbe non vivere la contraddizione italiana di temere l’immigrazione, specie se disordinata, e, nello stesso tempo, di averne razionalmente bisogno. E, dunque, rimuove il pensiero. Una sorta di tabù inconfessabile. Uno sdoppiamento consapevole della nostra personalità di cittadini. Aperti e disponibili verso lavoratori immigrati operosi, badanti e collaboratori domestici. Insostituibili, preziosi. Gli immigrati di cui conosciamo utilità e impegno sono i benvenuti. A loro concederemmo volentieri la cittadinanza, salvo opporci fermamente alla sola idea appena il discorso si sposta sul piano generale. Ma gli altri immigrati, indistinti, sconosciuti, che vediamo nelle strade e nelle piazze, non sono i benvenuti. Al di là dei buoni sentimenti e dello spirito solidale di cui è ricco per fortuna il Paese.
Scoprire di essere minoranza italiana nel vagone della metropolitana di una nostra città può suscitare un senso incontrollabile di estraneità. Normale. Lo scacciamo per buona educazione. La stragrande maggioranza degli imprenditori apprezza il lavoro degli immigrati che impiega. Sa che non potrebbe farne a meno. Ma nello stesso tempo non è raro vedere molti industriali o commercianti applaudire ai porti chiusi — che mai peraltro lo sono stati — e alla politica delle frontiere sigillate, alla Orbán. La porta serrata in faccia agli altri. Quelli che non si conoscono. Ma i propri bravi collaboratori sono lombardi, veneti, pugliesi, ormai da sempre.
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