“Via un grado di giudizio nel tributario”. Conte vuole far vincere facile le Entrate

Gian Maria De Francesco

«Siamo molto ambiziosi, dobbiamo mettere mano alla giustizia tributaria. Il mio obiettivo è quello di ridurre un grado di giudizio, per la giustizia tributaria devono essere sufficienti solo due gradi».

Queste parole del premier Giuseppe Conte, durante la conferenza stampa di fine anno della scorsa settimana, non hanno suscitato particolari reazioni nell’opinione pubblica, restando confinate nel dibattito degli addetti ai lavori. In realtà, il progetto di riforma che il presidente del Consiglio ha delineato rischia di essere molto pericoloso per piccoli e grandi contribuenti che rischiano di essere sempre meno tutelati rispetto alle pretese di un fisco molto esoso.

La giustizia tributaria, come quella penale e civile, ha infatti tre gradi di giudizio: le commissioni tributarie provinciali (Ctp), le commissioni tributarie regionali (le Ctr che si occupano degli appelli) e, ovviamente, la Sezione tributaria della Cassazione che giudica la legittimità delle sentenze senza entrare nel merito. Poiché il ruolo della Suprema Corte non si può «cancellare» con un tratto di penna del Parlamento, in quanto legifererebbe in contrasto con le prescrizioni della Costituzione, è chiaro che Conte abbia implicitamente alluso alle commissioni tributarie regionali.

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