Rimborsi, 47 grillini nella lista nera. E ora Di Maio rischia la leadership
Ieri si è riunito il collegio dei probiviri (formato da Jacopo Berti, Fabiana Dadone – incompatibile nel ruolo, secondo lo Statuto, in quanto ministro – e Raffaella Andreola) per comminare sanzioni proporzionali ai mesi di ritardo dei versamenti e anche espulsioni per chi non rendiconta da un anno esatto. In tutto sarebbero 47 i non in regola (il 15%), ma la scure dei probiviri, al netto dei procedimenti disciplinari, si potrebbe abbattere sui cosiddetti “casi più gravi”, a rischio espulsione. Ovvero cinque alla Camera: Nicola Acunzo, Nadia Aprile, Flora Frate, Paolo Niccolò Romano, Andrea Vallascas; e sei al Senato: Cristiano Anastasi, Vittoria Bogo Deledda, Alfonso Ciampolillo, Luigi Di Marzio, Fabio Di Micco, Mario Michele Giarrusso.
C’è però anche chi ha anticipato il verdetto lasciando ieri il Movimento, come il deputato Santi Cappellani. “Purtroppo – ha spiegato – avverto da tempo una profonda frustrazione e quando sento la frase “pugno di ferro” rabbrividisco”. Cappellani contesta “una serie di azioni di imperio che hanno fatto venire meno proprio il sentirsi comunità”, a partire dai “facilitatori” voluti da Di Maio, con la “volontà di eliminare ogni voce critica e ogni pensiero pensante”.
Insomma, il Movimento perde pezzi su pezzi, ma le espulsioni verranno calibrate tenendo conto degli esili numeri della maggioranza al Senato, anche se il problema sembra non sfiorare Di Maio, troppo intento a esercitare – appunto – il ‘pugno di ferro’. E così, tra breve, si tornerà a parlare dei cosiddetti responsabili (soprattutto senatori di Forza Italia) che sarebbero pronti a votare contro le indicazioni dei vertici per salvare la legislatura. Dal Misto, intanto, spara a palle incatenate la ex Elena Fattori. “Dopo le proteste dei parlamentari si rende pubblico il conto intestato anche a Luigi Di Maio – scrive, parlando delle rendicontazioni – e il tesoretto sul conto privato di Luigi di Maio e soci al 4 novembre 2019 era di 4 milioni di euro (e pochi spicci). Se le Camere si fossero sciolte in quella data sarebbero andati tutti all’associazione Rousseau”.
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