È il momento di un vero governo europeo
Il veto francese ha impedito di aprire i negoziati di adesione con gli Stati dei Balcani occidentali. Continua lo stallo sul completamento dell’unione economica e monetaria, una priorità per il commissario Paolo Gentiloni. Le resistenze nazionali impediscono una vera politica europea sulle migrazioni e una capacità d’azione in politica estera: basti pensare all’irrilevanza degli europei divisi rispetto a Russia e Turchia in Siria e Libia. Di fronte alla crescente penetrazione cinese i 27 si muovono in ordine sparso, con l’adesione del governo giallo-nero italiano alla Via della Seta. Si sta concludendo la prima e più semplice fase della Brexit – l’accordo sull’uscita – cui seguirà la difficile negoziazione di un accordo sui rapporti futuri.
Il 2019 ha mostrato la debolezza degli strumenti dell’Ue a difesa dello stato di diritto nei suoi Stati membri, come dimostrano le gravissime situazioni in Ungheria e Polonia. Nella prima una prestigiosa Università internazionale – la Central European University – ha dovuto trasferirsi in Austria, ennesimo atto di un’azione di repressione sulla società civile e i media. Nella seconda il governo ha sfidato l’ordinamento giuridico europeo approvando una riforma che sottomette il potere giudiziario all’esecutivo, contro le sentenze della Corte suprema polacca e della Corte di Giustizia dell’Ue.
Nel 2020 e nella nuova legislatura europea faremo scelte che incideranno profondamente e per lungo tempo sulla vita di tutti noi. Si inizierà con la Conferenza sul futuro dell’Europa, in cui definire insieme cosa vogliamo essere come europei, come affrontare e sfide globali, di quali strumenti di decisione e azione e di quali risorse comuni dotarci per difendere i nostri interessi e valori sul piano mondiale. È una scelta che si intreccia con molte altre: come garantire la sicurezza interna ed esterna; come accelerare la transizione ecologica in modo che sia socialmente sostenibile e che ponga le basi per un nuovo ciclo di sviluppo dell’Europa; come gestire i fenomeni migratori, come reimpostare i rapporti con l’Africa, il Medio Oriente e la Russia e contribuire alla stabilità e allo sviluppo sostenibile dell’area di vicinato; come garantire lo stato di diritto e la liberal-democrazia in Europa. Sapendo che su questi piani il metodo intergovernativo ha fallito e l’unanimità è una condanna alla paralisi, all’irrilevanza, al declino.
Va osservato che dei temi fondamentali per il futuro si discute al livello europeo. Mentre in Italia si parla di legge elettorale e alleanze, della durata del governo, di specifiche crisi industriali. Senza nessuna capacità di progettare il futuro. Quello è il compito dell’Ue, perché solo un’Unione riformata in senso federale – cioè più unita e democratica, più sovrana, in quanto espressione della sovranità condivisa dei cittadini europei – può dare risposte a quel tipo di sfide, e alle esigenze profonde di sicurezza e benessere dei cittadini, delineando un nuovo modello di società liberal-democratica e solidale, fondata su un sistema di governo multi-livello in grado di gestire la complessità e l’interdipendenza che caratterizzano la realtà contemporanea. Un’Ue federale è l’unica speranza realistica per il futuro. L’alternativa nazionalista implica in realtà il divenire vassalli degli Usa o della Cina.
Una prima scelta fondamentale riguarda il Quadro Finanziario Pluriennale, il bilancio settennale dell’Ue, che alcuni governi vorrebbero tenere sotto l’1 per cento e il Parlamento, più “ambizioso”, vorrebbe portare all’1,3 per cento del Pil europeo. Se pensiamo che i bilanci nazionali sono circa il 45 per cento del Pil è chiara la pochezza delle risorse dell’Ue rispetto alle sfide; anche a causa di un meccanismo di finanziamento basato soprattutto su contributi nazionali. Servono vere risorse proprie dell’Ue. La rivoluzione americana si basò sul No Taxation Without Representation. Ora è tempo del No Representation Without Taxation! Eleggiamo un Parlamento: deve avere il potere di imporre delle tasse. E le tasse europee sarebbero estremamente “popolari”, andando a colpire chi oggi non le paga: la tassa sulle transazioni finanziarie speculative (oggi la finanza è tassata molto meno del lavoro), la tassa sull’economia digitale (sui profitti delle grandi multinazionali digitali, che hanno una capitalizzazione maggiore del Pil di molti Paesi, ma pagano tasse irrisorie), la tassa sulle emissioni inquinanti (contro chi oggi scarica sulla collettività i costi ambientali e sanitari, le esternalità negative, della sua produzione). Istituire queste tasse europee permetterebbe un significativo aumento del bilancio Ue, senza costare nulla alla stragrande maggioranza dei cittadini europei: un’utile redistribuzione a favore della collettività. Inoltre, l’Ue deve poter emettere titoli europei per finanziare investimenti, una politica economica e beni pubblici europei (mercato unico, Green New Deal, sicurezza, difesa, migrazioni) che garantendo la crescita di tutti i Paesi dell’Ue faciliterebbe il riequilibrio dei conti e renderebbe sostenibili i debiti pubblici nazionali.
I nazionalisti pensano che l’unità politica europea sia impossibile, perché si concentrano sulle vecchie rivalità tra i Paesi europei, come se la competizione fosse tra Italia, Francia e Germania come nell’800. Ma tra poco nessun Paese Ue sarà nel G20, e lo scontro egemonico mondiale è tra Usa e Cina e mette a rischio l’ordine liberale multilaterale. Tucidide ammoniva che «il forte fa quel che può e il debole subisce quel che deve»: l’Ue può completare la sua unificazione federale e diventare un attore forte in grado di sorreggere tale ordine e di non rimanere schiacciato tra Usa e Cina; o rimarrà debole e sarà il terreno di scontro, la preda, di quello scontro. Gli Usa non garantiscono più la nostra sicurezza e gli Stati nazionali non sono in grado di garantire il benessere. Al contempo solo l’Ue, purtroppo, sembra in grado di promuovere un nuovo ordine mondiale volto ad affrontare in modo cooperativo i tanti problemi globali, a partire dai cambiamenti climatici. La necessità di un governo federale europeo non è mai stata così acuta, né così importante, per gli europei e per il mondo. La Conferenza sul futuro dell’Europa è un’occasione da non sprecare.
L’ESPRESSO
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