Comunque vada sarà una scossa
Tutte forme di un mal celato pressing, che mirano a condizionare l’esito del Verdetto, in una situazione (e questo non è un dettaglio) in cui le tesi giuridiche a supporto dell’una o dell’altra scelta si equivalgono. Pensare che, in questo contesto, i ragionamenti “ambientali” non affianchino quelli giuridici, è una semplice ipotesi di scuola. Quando Marco Pannella, uno che di referendum se ne intendeva, parlava, anche con i suoi eccessi, di “cupola partitocratica”, sottolineava come, in certi momenti, la Corte veniva caricata di un ruolo di tutela della stabilità sistemica di fronte alle avventure. E nelle motivazioni di quanti auspicano che un’istituzione di garanzia sistemica come la Corte bocci il quesito di Calderoli c’è l’allarme per i “pieni poteri” a Salvini, che, con questi consensi nel paese, gli sarebbero affidati da un impianto legislativo che trasforma l’Italia nel Regno Unito: tutti collegi uninominali con centrodestra che prende tutto.
Ecco, il Sistema spera che, in fondo, tutto si tenga in nome della Stabilità. Del governo e del suo fragile equilibrio da mettere a riparo da possibili scosse. Chi invece coglie la portata di destabilizzazione del quesito e di una consultazione popolare, come Salvini, è pronto, in caso di bocciatura a mettere nel mirino la Corte e i suoi “parrucconi” che impediscono al popolo di pronunciarsi, per difendere il “governo delle poltrone”. Non è sfuggita nei Palazzi, per dirne una, l’ultima trasmissione di Mario Giordano, uno degli alfieri del salvinismo mediatico, sui privilegi dei giudici costituzionali, esempio di una Casta lontana dal popolo, con i suoi stipendi, i suoi autisti e i suoi privilegi.
Far pronunciare o meno il popolo. È questo pathos, prima ancora dei cavilli, l’oggetto della scelta che carica di senso politico la sentenza. L’avvocato Giovanni Guzzetta, nella sua arringa a favore dell’ammissibilità in camera di consiglio, su questo ha tarato le sue argomentazioni, su come si può motivare di fronte al paese l’eventuale decisione di non far pronunciare i cittadini. L’altro, Felice Besostri, ha invece invitato la Corte a esercitare il suo ruolo di tutela di un assetto costituzionale, che verrebbe scardinato dal quesito Calderoli che snatura, attraverso una legge elettorale iper maggioritaria, un assetto costituzionale consolidato.
Ecco, comunque vada, sarà una scossa. Se il quesito viene bocciato, produrrà una radicalizzazione nello schema “populismo contro establishment”: l’argine formale, come spesso accade, rischia di trasformarsi in benzina sostanziale alla rivolta sovranista, proprio nel delicato momento del rush finale in vista del voto in Emilia. Se viene accolto è difficile che nulla cambi. È vero: il Parlamento è sempre sovrano. E può sempre e comunque legiferare in materia di legge elettorale per “sterilizzare il referendum”. La convinzione diffusa, nel Palazzo, è che il compromesso sul proporzionale possa essere approvato lo stesso e che, in fondo, non cambia niente. Ma ai più acuti osservatori non sfugge l’enorme contraddizione che si aprirebbe: può il Parlamento legiferare in senso non leggermente diverso ma opposto rispetto al referendum su cui sono chiamati a pronunciarsi i cittadini? Sarebbe operazione ardita: è come, per fare un esempio, se i radicali avessero raccolto le firme per depenalizzare completamente l’aborto e il Parlamento avesse previsto di aumentare le pene per chi abortisce, come risposta al referendum. In questa contraddizione esploderebbero le contraddizioni all’interno dei partiti, perché il Pd non è tutto Franceschini e in parecchi pensano che il proporzionale sia un favore ai grillini e un atto di subalternità perché non li costringe a schierarsi. In caso di referendum è difficile che non si riapra una discussione. Domani il Verdetto. Sulla politica anche.
L’HUFFPOST
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