Dal mare tre sub morti e cento chili di hashish. Un giallo alla Camilleri
Come improponibile sembra pensare che quei 128 chili di hashish, tutti in pacchi da 30 chili con sessanta panetti da 50 grammi ciascuno ( valore sul mercato più di un milione di euro), confezionati in modo praticamente identico non facciano parte di una stesso carico di droga partito da chissà dove e arrivato in cinque punti diversi della Sicilia senza che ci fosse nessuno ad attenderlo. E allora, l’ardita ipotesi che i tre sub morti e i pacchi di hashish spiaggiati siano collegati è diventato la scommessa di un’indagine “collegata” su cui lavorano cinque procure, i carabinieri, le Capitanerie di porto, la Marina militare.
Condividi Che adesso cercano un relitto, da qualche parte in fondo al mare, molto al largo dalle coste siciliane su una delle principali rotte del traffico di droga: quella che dalla Tunisia e dal Marocco punta a nord verso la Sardegna e poi più su, Spagna e Francia, lasciandosi ad oriente la Sicilia. E’ stato seduti attorno ad un tavolo, le carte nautiche stese davanti, gli ufficiali della Marina e della Capitaneria a fianco, che i magistrati siciliani hanno partorito questa suggestiva ipotesi: la droga, e forse anche i tre uomini con la muta, avrebbero potuto essere a bordo di un’imbarcazione naufragata intorno a metà dicembre quando quella zona fu investita da una fortissima burrasca di maestrale. E nelle settimane successive il mare avrebbe pian piano restituito corpi e droga distribuendoli in zone della Sicilia ad un primo sguardo incompatibili con qualsiasi rotta unica. Oppure i tre sub erano su un’altra imbarcazione ( naufragata pure questa?) con il compito di recuperare il carico da una nave madre magari prelevandolo da un nascondiglio, in reti sotto la chiglia, dove spesso lo stupefacente viene occultato per aggirare eventuali controlli.
“Gli esperti ci hanno detto che è uno scenario plausibile con le correnti e le condizioni meteo particolarmente estreme che si sono verificate intorno a metà dicembre quando una burrasca di maestrale ha spazzato l’Italia – spiega il procuratore di Patti Angelo Cavallo -. Se un’imbarcazione fosse naufragata in alto mare in corrispondenza della punta ovest della Sicilia il vento da ovest verso est potrebbe teoricamente aver spinto i corpi e i pacchi con la droga sia verso nord, dunque sulla costa tirrenica dove sono poi riaffiorati i cadaveri e alcuni dei pacchi di hashish, sia sulla costa occidentale e meridionale dove sono stati ritrovati gli altri carichi di stupefacenti. Su quella rotta nei mesi scorsi sono stati fatti importanti sequestri di hashish. Per questo abbiamo dato incarico alla Capitaneria di porto e alla Marina, con l’ausilio di aerei, di avviare le ricerche di un eventuale relitto. Consapevoli che è come cercare un ago in un pagliaio e che si tratta solo di un’ipotesi. Ma non ve n’è nessun’altra alternativa. E lo stato dei corpi dei sub è compatibile anche con il tempo che avrebbero passato in acqua. Non so se arriveremo mai ad identificarli ma ci stiamo provando”.
Tre uomini, “razza caucasica”, nessun segno di violenza addosso, morti quasi certamente per annegamento ( dice il primo esito dell’autopsia), tutti con tatuaggi: un pipistrello sulle scapole, un tribale sull’avambraccio sinistro, due lettere tra cui una M ( le iniziali di un nome?), alcune frasi in inglese. Due delle tre mute della stessa marca, un paio di scarpe da tennis, gli unici indizi da cui partire per risolvere questo rompicapo.
REP.IT
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