“Il Pd come dovrebbe essere”
Tanta tradizione e tanta novità. In fondo, un sentimento. Alle sette le luci del palco cambiano colore. E la piazza azzurra delle sardine si tinge di rosso. Modena City Ramblers e Bella ciao, 40mila pugni alzati e mani in alto, come al concertone del primo maggio, in questa piazza otto agosto, tre volte più grande di Piazza Maggiore. È qui che i Bolognesi sconfissero gli austriaci nel 1848, anche quella una liberazione dall’invasor: “È questo il fiore del partigiano, morto per la libertà”. Dalle prime file invocano addirittura Contessa – ve la ricordate? – quella che faceva “Compagni dai campi e dalle officine, prendete la falce, portate il martello”.
Tanta tradizione e tanta novità dicevamo. Perché ci volevano questi quattro ragazzi, non proprio millennials ma quasi, a sollecitare il risveglio dal torpore. A far cantare Bella Ciao, Cento passi, i Bandabardò. E a portare sul palco un ragazzo nigeriano (a proposito di discontinuità e decreti sicurezza) che racconta la sua storia: “Ci hanno chiamato in Italia le parole della Costituzione, “gli uomini sono tutti uguali”, ricchi e poveri, cristiani e musulmani, io ho lasciato il Niger perché quelle parole non mi facevano avere paura”. O a dare il palco a Fabrizio Barca per parlare di aree interne e a Sandro Ruotolo, storico inviato adesso sotto scorta, per spiegare cosa siano le morti sul lavoro e perché la “mafia è una montagna di merda”.
Guardatelo questo Mattia Santori, è un leader naturale, col suo look un po’ casuale, un po’ fighetto bolognese un po’ centro sociale, jeans scuro col risvolto su scarpa da ginnastica. Si muove con passo lento e sguardo sicuro, anche se attorno è un delirio di telecamere. Le mani, quando dichiara, sempre in tasca. Il ragazzo ci sa fare. Anche a muoversi in questo magma, che noi cronisti del novecento forse fatichiamo a capire. Il magma di una simbologia che evoca la sinistra come sempre è stata, prima che venisse rasa al suolo, ma che intercetta una spinta nuova, perché non c’è ancora un partito in grado di riaccendere la politicizzazione nell’era del rifiuto della politica.
Pages: 1 2