“Il Pd come dovrebbe essere”
È lo stesso magma, confuso e creativo ai limiti del paradosso, di una spinta verso sinistra, senza mai nominare Bonaccini. Santori non fa mai un endorsement chiaro, anzi è attento a non farsi risucchiare dal gorgo partitico, dal linguaggio delle sigle e degli schieramenti, dal percorso “costituente” del Pd, da gestire con cautela e con i tempi giusti. Però è chiaro che lo stesso futuro del movimento è legato alla vittoria della sinistra in Emilia, a maggior ragione adesso che è cambiato il senso stesso di questa campagna elettorale, in cui sembrano scomparsi i candidati, con i loro volti e i loro programmi, dietro il grande conflitto tra “bullismo” e “politica gentile”. Forse ha ragione lui: “Non è Mattia Santori – ci dice – che ha creato le sardine, ma l’energia che sta arrivando, e questa è una prima vittoria perché ha mutato il clima politico in Italia”. E si capisce questa prudenza, parlando con i più giovani. In tanti, davvero tanti, ti spiegano che sono contro Salvini, però guai se le sardine si fanno inscatolare in uno dei contenitori esistenti. O se si fanno omologare, diventando anch’esse un contenitore come quelli esistenti. È una spinta che vive di questa spontaneità, o magari di questa illusione..
Energia, sentimento, prima ancora che struttura o prospettiva è questo la piazza bolognese a una settimana dal voto. Piazza preoccupata, tesa, dove in parecchi chiedono ai giornalisti previsioni, sondaggi. Piazza soprattutto di mezza età, di famiglie e passeggini, informata, molto informata, che legge i giornali e guarda la tv. Ci parli e ti accorgi che il grosso è quel famoso mondo della sinistra che, in questi anni, si è sconnesso sentimentalmente, per le sue divisioni, l’arrocco nel Palazzo, il suo snaturamento, l’idea che, in fondo, la partecipazione era superflua nell’era del leaderismo. Ecco un capannello. Mara, 69 anni, dice: “Si guardi attorno. Le facce sono quelle invecchiate della sinistra di una volta, c’è anche tanta nostalgia, io ho sempre votato sinistra. Mi dica lei: Bonaccini che la fa? Sono preoccupata”. Accanto, Anselmo uno dei tanti pugliesi che da una vita lavora a Bologna: “Io non ho mai avuto niente contro i partiti, anzi, ma poi… Gli errori che hanno fatto. Questi ragazzi hanno avuto il merito di risvegliare la politica. Questa piazza è un po’ come dovrebbe essere il Pd”. È tutto così, la novità che riaccende un sentire antico. Di sinistra, al netto della prudenza semantica.
C’è di tutto, anche i più giovani che sono venuti solo per il concerto. Lo dicono apertamente: “È un evento, è gratuito, sono venuto per una birra e ascoltare musica”. E c’è anche tanto Pd. Stefano Caliandro, capogruppo uscente in regione, saluta, parla con parecchi: “Nuotiamo tutti nello stesso mare, e nella stessa direzione. Abbiamo il dovere di contaminarci”. Già, contaminazione, processo che in fondo è già in atto, almeno qui in Emilia, perché in questa storia (e in questa piazza) c’è una specificità emiliana, fatta di civismo, consapevolezza, partecipazione, anticorpi capaci di attivarsi. Guardate che fa impressione, in questi tempi di passioni tristi e parole estreme. Alla fine della giornata la parola “Salvini” è rimasta innominata, sul palco e dai protagonisti, come bersaglio e come interlocutore, segno è possibile spogliare i temi della personalizzazione e dal leaderismo. Ma è stata la più grande manifestazione di massa contro di lui. Forse anche per questo.
L’HUFFPOST
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