Gregoretti, la corsa a ostacoli prima di una sentenza: tra iter del Parlamento e giudizi nei tribunali

La questione non riguarda le scelte politiche dell’ex titolare del Viminale, bensì la loro compatibilità con il diritto e le norme, nonché un potenziale «interesse pubblico preminente» che possa prevalere sul reato contestato. Tutto qui. Secondo i tre giudici siciliani che compongono il collegio, infatti, «le scelte politiche o i mutevoli indirizzi impartiti a livello ministeriale non possono ridurre la portata degli obblighi degli Stati di garantire nel modo più sollecito il soccorso e lo sbarco dei migranti in un luogo sicuro».

Quanto alla «difesa dei confini» invocata dal leader leghista per negare ai profughi il permesso di sbarco, i giudici hanno ritenuto che «la linea politica promossa dal ministro dell’Interno non fosse, in concreto, incompatibile con il rispetto delle Convenzioni internazionali vigenti». Secondo il tribunale, «le persone soccorse ben potevano essere tempestivamente sbarcate e avviate all’hotspot di prima accoglienza per l’attività di identificazione, salvo poi essere smistate negli hotspot di destinazione secondo gli accordi raggiunti a livello europeo».

Argomenti rimasti finora pressoché assenti dalla discussione pubblica, tutta avvitata intorno a qualche slogan e frase a effetto. Ma qualora il fascicolo dovesse ripartire da palazzo Madama per Catania con l’autorizzazione a procedere, si aprirebbe un altro match, stavolta solo giudiziario, anch’esso dall’esito tutt’altro che scontato. L’iter prevede la restituzione degli atti al tribunale dei ministri «perché continui il procedimento secondo le norme vigenti», che come ha chiarito una sentenza della Corte costituzionale nel 2002 significa tornare davanti «al pubblico ministero e agli ordinari organi giudicanti competenti».

La Procura di Catania dovrebbe quindi riproporre il capo d’imputazione formulato contro Salvini dal tribunale dei ministri e sottoporlo al giudice dell’udienza preliminare, che dovrà decidere sul rinvio a giudizio. Con una particolarità, che diventerebbe l’ennesimo paradosso di questa storia: la Procura etnea s’era già pronunciata per l’archviazione del caso «Gregoretti» ritenendo (a differenza che nel caso «Diciotti») che non esistano gli estremi del sequestro di persona; insussistenza del reato sotto il profilo oggettivo, oltre che soggettivo. Che farà davanti al gup? E che cosa deciderà il gup, rinvio a giudizio o proscioglimento? Prima del processo e dell’eventuale condanna (in tre gradi di giudizio, come sempre), l’accusa a Salvini dovrà superare questo ostacolo, nella corsa ancora molto lunga verso Le mie prigioni.

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