Borgonzoni: «Chi mi attacca è maschilista». La sfida di Lucia ai «comunisti»

«Incredibile» dice ogni tanto. Il dirigente parla, lei annuisce. «Accidenti». Interviene poco, ascolta. Si rivolge a un suo collaboratore non esattamente foltocrinito. «Abbiamo trovato una soluzione per te…». I dirigenti dell’azienda ridono. Ospitali la accompagna all’uscita congedandola con l’augurio di rivederla presto, «ma da presidente della Regione». La toccata e fuga fino a Coccolia di Ravenna per visitare la Molino Spadoni Spa, un’altra delle tante aziende familiari diventate colossi nel loro settore, in questo caso le farine di grano tenero, segue lo stesso copione. «Veramente inimmaginabile, bravissimi». Borgonzoni lascia parlare gli altri, interviene per fare complimenti. Perché questa è la funzione non detta della spartizione fatta con Salvini. Lui fa le piazze emiliano-romagnole, a tergicristallo, per asciugare il voto disgiunto. Lei invece deve rassicurare imprese e associazioni che non cambierà nulla in un sistema consolidato da quasi ottant’anni, che non ci sono i barbari alle porte. «Dicono che non ho mai amministrato nulla, ma andate a chiedere di come ho gestito i fondi che avevo quando era sottosegretaria alla Cultura. Dicono che Salvini andrà via, che sta facendo lui la campagna elettorale. Matteo è sempre venuto qui, anche quando la Lega era al due%. Adesso che siamo al trenta cosa si fa, lo lasciamo a casa? Ci sarà anche dopo, quando al governo ci sarò io».

L’incidente

L’appuntamento che conta è quello del pomeriggio. Ore 17, dibattito tra i candidati all’assemblea annuale della Cna Emilia-Romagna, la confederazione dell’artigianato e della piccola media impresa con oltre 140.000 realtà sul territorio. Una corazzata. Borgonzoni si chiude nel suo rifugio di queste ultime settimane, una stanza d’hotel dove riposa e si prepara agli incontri. L’espressione del volto è provata. Anche lei con l’influenza, come Bonaccini. «Con me ha un atteggiamento paternalista», racconta dopo l’enensimo caffè al bar. All’inizio di questa campagna ci soffrivo, quando dicevano che Salvini mi oscurava. Ora capisco che è un problema loro, di maschilismo. Il centrosinistra ha un problema a confrontarsi con il genere femminile». Sul palco del teatro Arena del sole sono in 7, con due minuti a testa per parlare. Borgonzoni siede accanto a Potere al popolo, Bonaccini al campione della lista contro i vaccini. In mezzo, un sorridente Simone Benini di M5S, che rivela una evidente preferenza per lei, chissà come saranno contenti i suoi a Roma. L’incidente avviene quando Borgonzoni accenna agli emiliano-romagnoli «che sono costretti ad andare fuori dalla Regione per curarsi». Arriva una salva di fischi, urla e buuu. Lei invia subito un messaggio a Salvini. «Qui sono tutti comunisti». Poi reagisce con carattere, non è una che incassa senza replicare. «Se va bene tutto così com’è, non votateci, se invece volete correre invece di camminare, fatelo. Buonasera». Nei corridoi arriva la risposta del capo leghista. «Te l’avevo detto…». Intanto nell’atrio si è creata una coda composta da una decina di imprenditori e dirigenti di Cna. Qualcuno chiede scusa, dando la colpa «ai soliti comunisti». Qualcun altro implora pietà.

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