La paura viaggia sul tortellino
Ti viene da domandarti come è possibile, vista da sinistra, che se hai dei valori, hai paura di difenderli perché contrari al senso comune popolare o all’ultimo sondaggio, abdicando così alla funzione che tu partito devi avere nel rapporto col popolo. Se hai dei principi, li voti, li spieghi, anche qui – ricordate Ceto medio ed Emilia rossa – dove furono spiegate cose più impegnative. Questo 20 gennaio di campagna elettorale racconta la paura. E racconta che, di fatto, il Pd non c’è più in una regione in cui la questione sicurezza si pone in maniera icastica proprio perché è una regione sviluppata: sicurezza sociale, ambientale e fisica sono un tutto, e se non li tieni insieme non parli al tuo popolo. Non ci sono i banchetti, soprattutto nella provincia profonda, come non c’è il coraggio di una narrazione nazionale perché, per paura che si politicizzi troppo il voto contro il governo “bisogna provare a tenerla bassa, sul piano regionale”.
La diga e l’onda appunto. L’onda che parla di tutto tranne che di Emilia. Neanche una proposta per sbaglio, in questo comizio, sempre lo stesso che Salvini porta in giro come una canzone nelle varie balere. La diga, affidata a una generosa campagna dei governatore uscente più che alla forza organizzativa del Partito, impaurita. Che prova a tenere l’Emilia a riparo da tutto: un governo che non funziona, un’alleanza ancora peggio, la Gregoretti, gli innominati decreti sicurezza. Poche ore prima, a San Lazzaro, mi hanno fatto entrare con grande cortesia in un ristorante dove Salvini ha tenuto un pranzo elettorale. Neanche un insulto o una battuta sgradevole nei confronti di un giornalista e di una testata mai tenera. Davanti a un piatto di tortellini, una signora mi ha raccontato che ha votato Pci, anzi si sente ancora comunista, ma vota la Lega perché “non si può dire che va tutto bene, e sulla sanità mi tocca ricorrere sempre più spesso a quella privata”. Di fronte c’era un’altra signora che racconta gli anni in cui parlava con Bossi e sognava la Padania. Poi il vecchio democristiano, simpaticissimo, e anche il missino, insopportabile, che, non riconoscendo l’interlocutore, ti spiega che “i giornalisti sono delle merde, dei disperati e infatti sono tutti comunisti”. Dice Ilaria Giorgetti, che era in Forza Italia: “Qui c’è gente che stava nel Pd, nella sinistra una volta. Non è il mondo, per dire, di imprenditori che stavano in Forza Italia. Tu lo chiameresti popolo”.
Effettivamente è così. È la mucca che ti è entrata nel corridoio, qualcuno lo disse in tempi non sospetti, quantomeno in tempo utile. E ora rischia di sfasciarti la casa. Si vede che Salvini ci crede. È convinto di vincere, ha la faccia di uno che non trasmette fastidio, disagio, paura. Mangia, beve e si diverte: tortellini, penne con salsiccia, arrosto di maiale e tre bicchieri di vino. Non fuma più e ha preso qualche chilo. È lui la mucca che col suo corpo occupa la scena, che fa durare un comizio mezz’ora, ma l’ora successiva la passa a fare selfie, perché toccare il corpo è la rottura della barriera tra Palazzo e popolo. In questa trattoria di provincia va in scena un altro capitolo dello stress test: “Noi siamo l’Italia reale, fatta di persone vere. Ma lo sapete che questa sera c’è una cena per Bonaccini organizzata dallo chef Bottura? Ma come cazzo fai a pagare mille euro per andare a cena con Bonaccini? Avete capito perché vinciamo? Perché qui bastano 25 euro per mangiare e ci sono insegnati, artigiani, commercianti, gente che lavora”.
Vent’anni fa, chi scrive era a Bologna all’università. C’erano le elezioni di Bologna e i dirigenti del partito, convinti che c’era un allarme sicurezza, chiamarono Marco Minniti. Il quale spiegò, dopo un attento studio delle statistiche, che a Bologna non c’era un allarme sicurezza: non un omicidio, un solo attentato incendiario in un anno, quando in Calabria ce n’erano tre al giorno. Alla fine di un’assemblea di partito un compagno della Bolognina lo avvicinò e gli disse: “Io, davanti a casa, ho della gente che beve e poi piscia davanti al mio portone. Questo turba mia moglie. Se tu mi rispondi con le statistiche, non hai capito un cazzo”. Vinse la destra che conquistò il comune di Bologna. È questo sentimento, perché la sicurezza è un sentimento, una percezione, oltre che numeri di commissariato, che stavolta in Emilia è su larga scala. Sicurezza fisica, e infatti venerdì Salvini chiuderà la sua campagna al Pilastro (il famoso quartiere della Uno bianca), sicurezza economica di quella parte di Emilia, agricoltori e commercianti, che scarica sul “sistema” la rabbia verso la globalizzazione. Il messaggio di Salvini non è un programma. E neanche un candidato imbarazzante. Il messaggio è “cambiamo”, per il popolo e in nome del popolo. Non a caso parla soprattutto ai comunisti in fuga: la pluricitata “signora Enza” che votava Pci, “Enrico Berlinguer” che si vergognerebbe dei suoi eredi, “la sinistra delle banche che ha lasciato i consigli di fabbrica per i consigli di amministrazione”. Più si vota sul governo, e più sale l’affluenza, più sente che può vincere. E allora domani altro tour paese dopo paese, Ozzano, Castiglione, Porretta, Vergato. Più si vota sulla regione più tiene la diga. Chi l’avrebbe mai detto: uno accusato di sequestro di persona, fiero di esserlo. È evidente che la crisi viene da lontano. Ma il 26 gennaio è vicino.
L’HUFFPOST
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