L’alleanza di governo e il paradosso dei 5 Stelle
di Angelo Panebianco
La schiacciante vittoria del presidente uscente Stefano Bonaccini e del Pd in Emilia- Romagna suggerisce due osservazioni. La prima: in democrazia puoi perdere le elezioni anche se conduci una buona campagna elettorale ma, di sicuro, subisci perdite pesanti se, nel corso di quella campagna, sbagli troppe mosse. La seconda: le elezioni regionali indicano l’esistenza di un grave problema di rappresentanza nazionale.
Il partito che ha conquistato la maggioranza relativa dei seggi nelle ultime elezioni nazionali e che tuttora la detiene si sta rivelando un partito-meteora, con sostegni sempre più ridotti nel Paese. Non è esattamente quanto serva alla democrazia rappresentativa, non è una condizione che possa assicurare solidi e diffusi consensi all’operato del governo in carica e della sua maggioranza parlamentare di sostegno.
Procediamo con ordine. Lo sconfitto, Matteo Salvini, ha ragione quando dice che questa è la prima elezione, nella storia dell’Emilia-Romagna, in cui ci sia stata una vera competizione. Per la prima volta, il partito dominante da sempre è stato sfidato con qualche chance di successo. Ma Salvini tace su un fatto: nel corso della campagna c’è stata verosimilmente una contrazione del sostegno potenziale alla candidata leghista e questo si deve, oltre che all’inevitabile contro-mobilitazione dell’elettorato di centrosinistra, anche agli errori leghisti. Alcuni mesi fa i sondaggi davano il candidato di centrosinistra in leggero vantaggio sulla leghista. Chiunque conosca l’Emilia-Romagna sa che in una regione così la Lega è inevitabilmente sottorappresentata nei sondaggi. In altri termini, prima dell’inizio della campagna la Lega aveva buone chance di vincere.
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