Ora il Pd riscrive l’agenda. Via Quota 100 e il Reddito

Antonio Signorini

A poche ore dal voto nessuno se la sente di affossare gli alleati di governo già provati dal voto in Emilia Romagna e in Calabria.

Anche perché si vuole evitare che il M5s sconfitto punti i piedi su temi identitari. Ma lontano dai riflettori il Partito democratico dà per scontata una sterzata e a farne le spese potrebbero essere Quota 100 e reddito di cittadinanza. Misure poco amate dai dem.

A favore di un cambio di passo, anche il gradimento espresso dai mercati per i risultati del voto con un calo dello spread (146 contro i 157 di venerdì) che non si può spiegare solo con la sconfitta della Lega. A Piazza Affari il FseMIb ha chiuso a -2,3%, ma solo per i timori sul Coronavirus.

Un assaggio del nuovo corso si è avuto già ieri all’incontro di tra i sindacati e il ministro del Lavoro Nunzia Catalfo (M5s) sulle pensioni. Le organizzazioni dei lavoratori hanno capito che senza il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri (Pd) si fa poca strada.

Il governo ha prospettato una riforma strutturale che sostituisca Quota 100 con nuovi requisiti, flessibili ma meno generosi. L’impronta Pd emerge dalla possibilità emersa chiaramente della fine anticipata di Quota 100. Non a fine 2021, ma già alla fine di quest’anno, come prospettato dal sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta (Pd). «Dipende dalle risorse e da come traghettare quota 100 garantendo una flessibilità per tutti», ha spiegato Catalfo.

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