Così la passione per il futuro è rimasta schiacciata dalla paura
di Antonio Scurati
Il Palazzo. La piazza. Da decenni queste due categorie dell’immaginario sociale ci sono servite a orientarci nel presente della contrapposizione politica ma anche, e soprattutto, a schierarci sulla linea del futuro. nel linguaggio corrente il Palazzo rappresentava metaforicamente il potere, esercitato nell’oscurità di stanze segrete, e considerato come apparato in qualche misura autoritario, prevaricatore, autoriferito e contrapposto polemicamente alle reali condizioni di vita dei cittadini, ai loro bisogni e desideri, espressi nella Piazza. Quest’antinomia corrispondeva grossomodo ad altre coppie di opposti — governo-opposizione, destra-sinistra — anche se non coincideva esattamente con esse. Alla fine del secolo scorso si sono riempite anche piazze di elettori di centrosinistra che richiamavano i loro eletti a uscire dal Palazzo, piazze tragicamente ignorate.
Le mutazioni degli ultimi anni, e gli accadimenti degli ultimi giorni (le elezioni in Emilia-Romagna), hanno destabilizzato queste categorie che, pur nella loro semplicistica schematizzazione, ci sono servite da mappa per la lettura della scena politica e per la nostra collocazione al suo interno. Da molto tempo troppi di noi, presi nella trascinante fiumana della storia, ci troviamo a osservarla sentendoci al di fuori di essa e finiamo per chiederci, disorientati e sconcertati: dove sono io in quella corrente? È accaduto che, con il principio del millennio, a complicare la contrapposizione, in parte immaginaria, tra Palazzo e Piazza, si sia imposta una seconda coppia di opposti, quella tra Speranza e Paura.
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