Coronavirus, Concetta tra laboratorio e basket: «Prezioso è stato avere un marito che cambiava i pannolini»
Il suo tempo libero lo dedica al basket. Come?
«Ho cominciato a vivere quel mondo quando giocavano i miei figli. Alla
fine tutti e quattro – io, mio marito e loro – siamo rimasti coinvolti
nella gestione di una piccola società romana che nel tempo è cresciuta.
Io mi diverto ad accompagnare i bambini da 6 a 10 anni ai campi estivi
organizzati a Tagliacozzo. Faccio da mamma, li seguo dopo gli
allenamenti, metto i cerotti. Mi piace moltissimo».
E per se stessa cosa fa? Palestra, amiche, distrazioni?
«A me stessa dedico molto poco e non mi lamento, va bene così. Questa
sono io. La mia gioia è tornare d’estate a Ragusa dove sono nata, la
città che amo e che non cambierei con nessun’altra al mondo. La gente è
solare e accogliente, come me. In questi giorni di notorietà ricevo
telefonate di amici siciliani che non sentivo da anni. Meraviglioso
sentire persone sinceramente felici del tuo successo».
Come è nata la passione per il microscopio?
«Credo sia nata prima lei di me. Ho cominciato con l’endocrinologia poi
sono stata folgorata dalla virologia grazie a un professore
dell’università di Catania dove ho studiato e mi sono laureata. Sono
entrata alla scuola di specializzazione della Sapienza a Roma dove ho
conosciuto Maria Rosaria Capobianchi e il grande professor Ferdinando
Dianzani che hanno alimentato il mio amore per la ricerca,
trasmettendomi il virus della curiosità. Maria è tuttora la mia guida
allo Spallanzani. Un vulcano di idee, ci trasmette passione, ogni
domanda trova risposta».
I vostri detrattori sostengono che
isolare un virus non è poi tutto questo merito, visto che col
coronavirus ci sono riusciti prima di voi cinesi, australiani, americani
e francesi. Cosa replica lei, soprannominata mani d’oro proprio per le
sue capacità?
«Chi parla così non sa nulla di virologia. Per
isolare un virus ci vuole sì fortuna, però se non sei capace e non
possiedi certe abilità non riesci. Ci vuole tanta cura, perderci tempo,
avere l’intuizione del momento adatto per eseguire certi passaggi. Noi
stavolta ci siamo riusciti in ventiquattro ore, un record di rapidità».
Oggi è alle stelle per il successo. E le sconfitte?
«Ci sono state, eccome. Cocenti. Tante volte ho provato a isolare l’A H1N1, l’agente infettivo responsabile dell’ultima pandemia influenzale. Beh, missione fallita. Determinata a non cedere dopo tanti tentativi, andai perfino a comprarmi delle particolari uova embrionate fuori Roma, da utilizzare come terreno di coltura. Niente, lui non si è lasciato trovare eppure lo avevano già isolato in tutto il mondo».
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