Stato dell’Unione, Donald Trump: «Il meglio deve ancora venire»

Trump non ha fatto cenno, neanche indiretto, al processo che si chiuderà mercoledì al Senato, con la sua assoluzione. E nella lunga panoramica di politica estera e di relazioni internazionali non ha menzionato l’Ucraina, il suo presidente Volodymir Zelensky e gli affari di Hunter Biden, il figlio di Joe Biden. Nessun riferimento neanche alle primarie dei democratici, al disastro tecnologico che ha rovinato i caucus dell’Iowa. Trump ha scelto, invece, di essere propositivo, di comunicare all’opinione pubblica l’idea di un Paese in forte crescita economica, con tutti gli indici positivi, dai mercati finanziari al tasso di disoccupazione «mai così basso tra gli afroamericani e i latinos». Un auto elogio esagerato, come sempre, e anche selettivo. Un solo esempio: «Stiamo assistendo a un boom a favore dei “blue collar”», ha detto. Ma l’aumento dei salari è ancora largamente insufficiente e almeno 30 milioni di americani non sono in grado di fronteggiare una spesa imprevista di 400 dollari.

Il leader dello Studio Ovale si è aiutato con undici ospiti scelti con grande cura. Storie emozionanti o mosse politiche sorprendenti. Tra gli invitati Juan Guaidò, il leader dell’opposizione venezuelana che Trump ha presentato come «il presidente legittimo del Venezuela». Poi i genitori di Kayla Mueller, la giovane donna rapita e poi uccisa dai miliziani Isis di Al Bagdadi; il veterano Charles McGee, pilota leggendario e prossimo al suo centesimo compleanno, con il pronipote tredicenne, alunno prodigio che sogna di diventare un astronauta e così via. A ogni vicenda umana, Trump ha affiancato un tema socio-politico generale per rinfrescare, in diretta televisiva, quelli che ha definito «i grandi successi» della sua amministrazione: la linea dura sull’immigrazione irregolare; la costruzione di «100 miglia» di Muro al confine con il Messico, mentre «altri 500 saranno pronti entro il prossimo anno»; la strategia dei dazi «che ha funzionato», soprattutto con la Cina, «con cui abbiamo le migliori relazioni da sempre».

Tutti in piedi ad applaudire. Anche il Segretario di Stato, Mike Pompeo, che solo qualche giorno fa aveva definito il governo di Pechino «Una minaccia centrale per la nostra sicurezza». I toni solenni si sono alternati ai proclami da campagna elettorale. Disponibile a collaborare con i democratici per la riduzione del prezzo dei farmaci o per il contrasto alla droga (applausi bipartisan nell’Aula); sprezzante sulle proposte «dei socialisti» Bernie Sanders ed Elizabeth Warren (non citati) sulla sanità. Chiusura retorica, con una specie di invocazione agli «eroi» storici americani, tra i quali Trump ha inserito due monumenti afroamericani: Harriet Tubman, la liberatrice di schiavi, e Frederick Douglass, il grande intellettuale abolizionista e promotore del diritto di voto per le donne. Figure dell’Ottocento con cui è arrivato allo slogan finale, un po’ da biglietto di auguri, già usato nello spot trasmesso nel Super Bowl: «Il meglio deve ancora venire». Poi è sceso dal podio, senza neanche uno sguardo per Nancy Pelosi, che intanto aveva appena finito di stracciare il suo discorso.

CORRIERE.IT

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