La lunga marcia fino al 2022 cambierà la Lega? La tattica della spallata non paga più
di Antonio Polito
La Lega sta rifacendo i conti. La fase politica è completamente cambiata. Calendario alla mano, il sogno di incassare in voti e seggi reali le percentuali virtuali dei sondaggi sembra tramontato almeno fino all’elezione del prossimo Capo dello Stato, all’inizio del 2022. Alla fine del prossimo marzo si tiene il referendum sul taglio dei parlamentari, poi vengono due mesi in cui di fatto non c’è legge elettorale perché bisogna rifare i collegi (operazione forse inutile se, come sembra, si cambierà poi di nuovo sistema). Nella tarda primavera di quest’anno si vota in sei Regioni e molti comuni, praticamente un «mid-term»; la crisi d’agosto, quantomeno per ragioni scaramantiche, quest’anno non si ripeterà, e in autunno le Camere non si sciolgono perché c’è la Finanziaria. Si arriva così al ’21.
Ma a metà dell’anno scatta il semestre bianco, periodo in cui la Costituzione vieta al presidente in scadenza di sciogliere il Parlamento, e sconsiglia di farlo un attimo prima, il che lascia aperta un’unica e breve finestra di opportunità per elezioni anticipate, tra gennaio e inizio primavera del 2021. La tattica della spallata, del blitzkrieg, del colpo di maglio, va dunque abbandonata. Serve una strategia di lungo periodo per quella che si sta trasformando in una guerra di trincea. La Lega si sta ponendo il problema di come usare questo tempo «per crescere». In due direzioni.
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