Il Regno Unito del dopo Brexit ha già un grosso problema: la Scozia che vuole l’indipendenza. Per tornare in Europa

A poche ore dalla Brexit, gli animi degli scozzesi si sono fatti più accesi e irrequieti, tanto che Sturgeon ha invitato tutti a “mantenere la calma, perché lo sapevamo che il cammino verso l’indipendenza della Scozia sarebbe stato difficile, se fosse stato facile l’avremmo già portato a termine”. “La Scozia potrebbe non avere più una regina – ha aggiunto Grady – non perché siamo particolarmente avversi alla monarchia, ma perché il popolo scozzese deve e vuole avere il diritto di scegliere cosa sia meglio per se stesso. Certo è che il governo Johnson non è stato scelto dal popolo scozzese, in questo momento ci sentiamo defraudati, stiamo pagando le conseguenze di scelte non nostre, anzi, del tutto contrarie a quelle che erano le volontà degli elettori scozzesi”.

Un problema che rischia di diventare serio per il Regno Unito post Brexit quello delle spinte indipendentiste della Scozia. Il premier Boris Johnson, consapevole delle profonde divisioni nella Gran Bretagna, ha voluto ricordare proprio questo nel suo statement del 31 gennaio, “adesso è il momento di riunire il paese e portarlo verso una nuova alba”. E mentre a Parliament Square, proprio sotto il palazzo del parlamento a Londra, andava in scena il trionfo dei leavers che hanno osannato l’intervento di Nigel Farage comparso sul palco allestito per l’occasione, a Edimburgo migliaia di scozzesi si sono riuniti in piazza avvolti in bandiere europee per una veglia che aveva più il sapore di un lutto, con tanto di occhi lucidi e lacrime.

EDIMBURGO, SCOZIA, 31 GENNAIO 2020: Manifestazione anti Brexit – Robert Perry/Getty Images

“La forte spinta indipendentista della Scozia è diventato un problema potenzialmente molto serio per Londra – spiega Leila Simona Talani, docente italo-britannica di International Political Economy presso il King’s College London che è stata anche visiting professor alla Harvard Kennedy School – e se non è affatto scontato che la Scozia riesca effettivamente a ottenere l’agognata indipendenza, è molto probabile che riesca a strappare accordi ancora più vantaggiosi al governo di Londra, dal momento che il potere contrattuale degli scozzesi è aumentato moltissimo dopo l’ultimo voto di dicembre che ha visto l’SNP stravincere”.

E per quanto riguarda gli effetti della Brexit che molti analisti hanno dichiarato si riveleranno disastrosi per l’economia britannica, Talani afferma: “Soprattutto per il settore della finanza non vedo un futuro così negativo. Nella City inizialmente c’era molta preoccupazione perché questa ha sempre guadagnato dal fatto di essere un po’ dentro e un po’ fuori dall’Unione Europea. Il settore finanziario inglese, però, ha la grande capacità di adattarsi, ciò di cui ha bisogno, fondamentalmente, è il minimo indispensabile dal punto di vista della regolamentazione. Il governo Johnson è già partito con questa idea di una regolamentazione ad hoc”.

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Brexit, anzi, potrebbe offrire l’opportunità per uno sviluppo proficuo dell’apparato finanziario britannico, grazie soprattutto alle nuove tecnologie. “Il FinTech sarà il futuro della finanza, lo vediamo già oggi. Questo nuovo settore, però, ha bisogno di tempi molto rapidi per essere integrato ed è qui che la riconquistata autonomia da Bruxelles potrebbe rivelarsi vincente per il Regno Unito. La burocrazia europea, anche se ha intuito l’enorme potenziale del FinTech, è ancora troppo farraginosa e lenta, la Cina e gli Stati Uniti viaggiano a velocità al momento impossibili per l’UE mentre Londra dal 2016 è il terzo hub dopo Shanghai e New York per quanto riguarda questa tecnologia, grazie a enormi investimenti di miliardi di sterline”.

Ma c’è un altro problema che la Brexit porta con sé, quello, cioè, della tutela dei cittadini europei che vivono, studiano, lavorano nel Regno Unito e che adesso attraverseranno un periodo di grande incertezza. E anche se alcuni affermano che “non abbiamo niente contro gli europei ma siamo contro l’unione europea”, altri hanno bruciato le bandiere blu con le stelle gialle in pubblica piazza al grido di “fuck EU!”.

“Agli italiani che vogliono continuare a rimanere nel Regno Unito dobbiamo garantire che i loro diritti vengano tutelati – ha affermato Emanuela Rossini, deputata trentina del gruppo misto-minoranze linguistiche, intervenuta alla conferenza – per questo dobbiamo avviare trattati con il Regno Unito tenendo ben presente il fatto che tantissimi europei vivono e operano nel paese d’oltremanica. È il momento di essere saggi”.

“La cosa che colpisce – ha proseguito – è che anche se regioni come la Scozia o come il Trentino Alto Adige-Sudtirol vogliono rivendicare una propria autonomia e libertà decisionale e di gestione delle risorse indipendentemente dai governi centrali, queste sono profondamente europeiste e non vedono il loro futuro fuori dall’Unione Europea”.

Ma la Brexit, secondo Rossini, potrebbe essere anche un’occasione, “vorrei che i giovani che si sono formati, che hanno lavorato non solo nel Regno Unito ma anche nel resto dell’Europa, potessero tornare a casa e trovare le stesse opportunità che hanno trovato altrove. È il momento di puntare tutto sui di loro, sulle loro competenze, le nuove generazioni sono molto più preparate, molto più consapevoli. Il vero tema da affrontare, adesso, è come far tornare questi ragazzi che sono l’unico vero motore per il rilancio del nostro paese”.

BUSINESS INSIDER

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