Le mosse dell’ex leader M5S. Cosa farà Di Maio da grande
Da ministro degli Esteri si troverebbe certo in difficoltà se al rafforzarsi del ciclo economico negativo, i Di Battista e i Paragone cominciassero a martellare Palazzo Chigi con una politica anti europeista che Salvini, nella necessità di non tagliare troppi rapporti in vista di un possibile approdo al governo, potrebbe cavalcare con minor vigore. Impossibile che una situazione del genere possa durare fino al 2023. In altri tempi una scissione si sarebbe già consumata. Oggi la titolarità del simbolo è di Grillo e Casaleggio. A chi andrebbe? Forse Conte, legato al Pd, non ne avrebbe bisogno. Di Maio sì e potrebbe riportare il M5s a un’opposizione rigeneratrice. Elezioni alle viste non ce ne sono. È vero che a fine marzo il Parlamento sarà delegittimato dal referendum che lo ridurrà a 600 membri dai 945 attuali. Poi bisognerà ridisegnare i collegi e adattarli alla nuova legge elettorale. I poltronisti sperano di tirare avanti per un anno e mezzo, quando l’avvio del semestre bianco non consentirà al capo dello Stato di sciogliere le Camere. Ma rischia di essere una via crucis in un Paese fermo.
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