Prescrizione, qualcosa è cambiato

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di   Angelo Panebianco

Conseguenze inattese. Dal male, talvolta, può nascere un po’ di bene. La legge Bonafede sulla prescrizione, espressione di una concezione illiberale dei rapporti fra i cittadini e lo Stato, ha messo in moto un’imprevedibile dinamica, sia fra i magistrati che fra le forze politiche. Fino a ieri e per tanti anni, in materia di giustizia si recitava sempre il medesimo copione. Sia gli attori che gli spettatori conoscevano ogni battuta a memoria. C’era di qua un gruppo di magistrati, più o meno compatto, e più o meno sempre gli stessi, che pretendeva di parlare a nome dell’intero ordine giudiziario e che recitava sempre lo stesso mantra: guai a voi se «delegittimate» la magistratura. Non c’erano (o per lo meno non c’erano pubblicamente) voci togate dissenzienti. Apparentemente, la magistratura sembrava muoversi come un solo uomo (pronta certo a dividersi, e anche a dilaniarsi, nelle lotte fra le correnti ma compatta e unita contro il «nemico esterno», ossia la politica). C’era poi la politica, appunto: anche qui sempre lo stesso copione. La divisione era (rigidamente) per schieramenti. Da un lato quelli che, di volta in volta, entravano nel mirino delle procure e che cercavano di difendersi (da Craxi a Berlusconi, da Renzi a Salvini); dall’altro, i difensori tutti d’un pezzo dello «Stato di diritto» e della «indipendenza della magistratura» ma solo quando la botta giudiziaria colpiva l’avversario politico. Quando toccava a loro o ai loro amici la musica cambiava. In ossequio al famoso detto di Giovanni Giolitti «In Italia le leggi si applicano ai nemici e si interpretano per gli amici».

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