Il paradosso giuridico: ora gli atti al pm che voleva archiviare

A quel punto tutto torna sul tavolo del tribunale dei Ministri catanese: e anche lì i giudici hanno già fatto sapere apertamente come la pensano, ovvero che Salvini è responsabile di avere sequestrato illegalmente per quattro giorni i 131 migranti a bordo della Gregoretti, e di averlo fatto «non per motivi di ordine pubblico ma per volontà meramente politica». Quindi la richiesta di rinvio a giudizio che la Procura si prepara (suo malgrado) ad avanzare verrà sicuramente accolta, e in tempi abbastanza brevi. Data ipotizzabile di inizio del processo: la prossima primavera.

A quel punto, però, tutto cambia. Da una situazione in cui i diversi uffici giudiziari hanno già avuto modo di dire chiaramente come la pensano, il caso Salvini approderà davanti ad altri magistrati, davanti a una sezione del tribunale ordinario di Catania che di questa storia non si è mai occupata. È lì che si giocherà la sorte dell’imputato Salvini: e non sarà un processo breve. Il fascicolo d’inchiesta è corposo: dentro ci sono le prime indagini compiute dalla Procura di Siracusa, gli sviluppi eseguiti da quella di Catania dove l’inchiesta approdò per competenza, e soprattutto i risultati della vasta attività di indagine compiuta direttamente dal Tribunale dei ministri. Decine di testimonianze, migliaia di documenti. E tra i testimoni in aula, due si annunciano cruciali: uno è il presidente del consiglio Giuseppe Conte, che secondo Salvini era pienamente coinvolto nelle decisioni. L’altro è il prefetto Matteo Piantedosi, che interrogato dai giudici catanesi in ottobre disse testualmente: «Non credo che l’unica autorità competente ad autorizzare lo sbarco sia il ministero dell’Interno», e per questo è stato accusato di mentire. Tornerà a dire le stesse cose?

IL GIORNALE

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