Salvini non crede alle elezioni. Giorgetti spinge per il governissimo
Ed è una mossa, quest’ultima, che non dispiace a quel Giancarlo Giorgetti, più di un consigliere per il Capitano leghista, il ministro ombra per il dossier Esteri, colui che da settimane propone di resettare il sistema politico, di mettere da parte le casacche che ciascuno indossa e di far nascere un governo a guida Mario Draghi, utile alla lunga traversata nel deserto della nuova Lega, targata Salvini, non solo a disarcionare l’asse fra Pd e Cinquestelle, ma anche ad accreditare il fu Carroccio a Bruxelles e presso tutte le cancellerie europee.
Ecco, tutto questo di cui si favoleggia nei corridoi semideserti di Montecitorio e di Palazzo Madama non risponde al verbo di Salvini. Il quale esclude categoricamente formule tecniche o istituzionali perché farebbero deflagrare il castello di consensi costruito fin qui. “Perderemmo 15 punti in un solo colpo”, è il ragionamento del Capitano. Anche perché uno scenario di questo tipo spianerebbe la strada all’astro nascente della destra italiana, Giorgia Meloni, l’unica leader che nell’ultimo anno e mezzo è cresciuta più di chiunque altro, l’unica in questa fase che dà filo torcere a Salvini, che ne insidia la leadership. D’altro canto, può vantarsi di essere stata coerente, di non avere mai sposato la causa governista, né tantomeno grillina, e di avere ereditato territorialmente parte della struttura degli ex Alleanza Nazionale.
E allora non sia mai il governissimo, una formula che fa rivoltare lo stomaco all’ex ministro dell’Interno. Meglio la traversata nel deserto. Lunga, si sa e lo sa. Con tutti gli ostacoli del caso. Le regionali della primavera prossima, dove per la selezione dei candidati governatori è in corso un braccio di ferro con la rivale/alleata Giorgia: “Voglio nomi nuovi, niente Fitto, Caldoro”. Ecco, per saltare questi ostacoli occorre cambiare spartito. Non basta la macchina propagandista che spaventa l’elettorato moderato e mezzo mondo democratico. Insomma, il Salvini contro tutti no grazie. Ecco, l’isolazionismo non funziona. “Per come è strutturata la Lega non può andare oltre il 33%”, annotava all’indomani del voto in Emilia Romagna l’ex viceministro Edoardo Rixi. E allora è necessario sedersi al tavolo, riflettere, esaminare con dovizia di causa i singoli dossier, coltivare e individuare una classe dirigente che consenta di sbancare alle amministrative del 2021. Per dire, si voterà a Roma e a Milano e ad oggi il Capitano leghista non ha uno straccio di candidato da proporre.Sulla Capitale c’ha messo la testa e domenica farà un mega evento. Titolo: “Salvini incontra Roma. Idee nuove per il futuro della città”.
Apparentemente sembra aver imparato la lezione. “Noi ci stiamo preparando – afferma oggi in una delle sue dirette – stiamo incontrando, stiamo studiando per arrivare pronti al governo”. Da qui la nascita di un esecutivo ombra con Giorgetti agli Esteri, Edoardo Rixi alle Infrastrutture, Lucia Borgonzoni alla Cultura, Luca Coletto alla Sanità, Alessandra Locatelli alla Disabilità, e con una incognita: la casella economica. L’ipotesi allo studio è quella di spacchettare il dipartimento dell’Economia in economia pura, fisco e impresa. E indicare Massimo Garavaglia, Guido Guidesi e Massimo Bitonci. Tre volti moderati della classe dirigente del nord che piacciono a quella Confindustria di Lombardia e di Veneto, terrorizzata da uscite come quella sui minibot. In questo modo, in un sol colpo, il numero di via Bellerio esclude il duo euroscettico Claudio Borghi e Alberto Bagnai. Un segnale di vera discontinuità.
Già, l’Euro. Il cambio di paradigma, senza colpi di citofoni o piazzate a Bibbiano, ha avuto inizio stamane quando Salvini si è presentato alla Stampa estera assieme a Giancarlo Giorgetti. Ecco, in quel contesto, il capo di via Bellerio scolpisce la svolta suggeritagli dall’ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio: nettezza sul no all’uscita dall’Euro, presa di distanza dalla destra radicale, avvio di migliori rapporti con la Germania, “una priorità, non solo economica ma anche di geopolitica”, sottolinea il Capitano. In sintesi, l’impronta giorgettiana è uno spostamento nell’asse atlantista con un atteggiamento moderato nei confronti dell’Europa. Seguendo questa strategia Salvini e Giorgetti preprano un viaggio negli Stati Uniti. Non ancora fissato, ma , secondo alti dirigenti della Lega, “più utile dopo la rielezione di Trump”. Tanto appunto c’è tempo. Si vota nel 2023, ripete Salvini. Sempre se la crepa non continua ad allargarsi…
L’HUFFPOST
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