Esclusivo: chi c’è dietro il nazista alla porta. Ecco le chat segrete della scuola dell’odio

Insomma, null’altro che la teoria che ha ispirato i nazi-terroristi degli ultimi dieci anni: dal norvegese Anders Breivik al più recente Brenton Tarrant, il 28enne australiano autore il 13 marzo 2019 della strage in Nuova Zelanda che ha provocato 50 morti tra i musulmani, senza dimenticare l’italiano Luca Traini, che a Macerata ha ferito sei migranti e ha esibito il saluto romano quando i carabinieri lo hanno arrestato.

Una spirale di violenza che non sembra sopita. Anzi, negli ultimi tempi è sospinta dal vento nazionalista. Legittimata da leader politici che hanno messo in cima alla lista nera dei veri patrioti i migranti, che inneggiano alla tradizione. E poi ci sono altri che non rinnegano il passato fascista, quello trascorso insieme agli ultras nazisti. La manovalanza che si muove nell’ombra non teme più la condanna della destra istituzionale. Il clima politico e sociale si è fatto corrosivo, si cercano casa per casa gli stranieri per scacciarli dalla casa popolare occupata per diritto. Si dileggiano gli ultimi, la società raccoglie i cocci della guerra tra poveri, bacini di consenso dei nazionalisti.

Ecco che non devono sorprendere le intimidazioni mirate di questo primo mese e mezzo del 2020. Le ultime due a Pomezia, provincia di Latina, il 12 febbraio scorso: «Anna Frank brucia», vergato con una bomboletta spray sul muro dell’istituto superiore Ipsia dove quel giorno era atteso Gabriele Sonnino, memoria della Shoah; in una seconda scuola della città, il Liceo Pascal ( dove si era svolto un incontro sulla memoria), gli studenti hanno trovato sull’asfalto, all’entrata dell’edificio, la frase «Calpesta l’ebreo», accompagnata da una croce celtica e una stella di David. Un’escalation che ha prodotto in Italia una sequenza di azioni dimostrative nei confronti di obiettivi strategici per i seguaci di Hitler. Le svastiche, le ingiurie antisemite e le scritte “qui abita un ebreo”, apparse nei giorni precedenti e successivi alla giornate del ricordo delle vittime della Shoah, hanno preso di mira case vissute da chi ha collegamenti familiari con i deportati nei campi di concentramento o con la lotta partigiana. Testimoni, insomma, di un’epoca che sembrava chiusa per sempre. Eppure questi segnali, insieme alla crescente marea nera virtuale, ci confermano che non è così. Sono episodi da non sottovalutare, spiegano all’Espresso gli esperti dell’antiterrorismo. Così come destano allarme gli arsenali ritrovati nei mesi scorsi dalla polizia di Stato a disposizioni di neofascisti italiani, in collegamento con il network europeo dei suprematisti.

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La saldatura tra «ideologia estrema e l’utilizzo di internet quale strumento di veicolazione e propaganda» è estremamente pericoloso, rivelano i carabinieri del Ros in alcune recenti analisi sul fenomeno suprematista. I detective dell’antiterrorismo del Ros osservano i movimenti della galassia nera con attenzione. Hanno firmato importanti inchieste come quella denominata “Banglatour” (il processo è iniziato a gennaio) sui alcuni militanti neofascisti di Forza Nuova nella quale erano emerse aggressioni a cittadini bengalesi. O come l’indagine “Aquila Nera” sul movimento Avanguardia Ordinovista, che aveva l’obiettivo eversivo di colpire le istituzioni. Senza dimenticare l’operazione sui mercenari italiani neofascisti andati a combattere in Donbass con i separatisti filorussi: per alcuni di loro sono arrivate le prime condanne, mentre in tre sono ancora latitanti protetti dalla rete internazionale che li ha portati fin lì. E quella su “Azione Europea”, che come emerso dall’indagine del Ros, è un enclave in Trentino-Alto Adige di fanatici hitleriani che sognavano la restaurazione del Terzo Reich e la soppressione della democrazia parlamentare. Adesso, tuttavia, le attenzioni sono rivolte a un fenomeno nuovo: l’atomizzazione della militanza, più fluida e meno irregimentata in regole di partiti o movimenti. Il che vuol dire meno prevedibilità e luoghi di ritrovo quasi sempre virtuali. Un po’ come per l’Isis che ha colpito spesso in Europa avvalendosi di soldati radicalizzati sul web oltreché nelle carceri. Lupi solitari, appunto. Termine che ritorna nei rapporti delle polizie europee e del Ros sul pericolo suprematista.

IN NOME DI JAMES MASON
L’ideologo della guerriglia solitaria ha un nome: James Mason, 67 anni, americano dell’Ohio. La sua raccolta di scritti, “Siege”, è diventato un testo di riferimento nei discepoli moderni del nazi-fascismo. Mason è stato negli anni ‘80 l’ideologo del suprematismo bianco. E neppure lui, duro e puro della rivoluzione ariana, mai si sarebbe aspettato che potesse tornare in auge nel 2020. Finché un gruppetto di giovani non l’ha pescato dall’oblio in cui era caduto. Le teorie di Mason, hitleriano di ferro e ammiratore del serial killer Charles Manson, sono state il concime ideologico sul quale è germogliata la “Atomwaffen Division”, la divisione delle armi nucleari. Un gruppo paramilitare, considerato dalle autorità americane una formazione terroristica. Tanto che alcuni dei suoi membri, molti giovanissimi, sono sospettati di aver commesso omicidi a sfondo razziale. “AtomWaffen” è nato sul web nel 2015 sulle pagine del forum “Iron March”. Chiuso nel 2017 dagli stessi fondatori – tra cui un russo dal profilo misterioso – contava oltre 2 mila membri. La banda nera della “Atomwaffen” resta però alla costante ricerca di nuovi adepti, meglio se giovanissimi. “Unisciti ai nazisti locali” è il claim dell’organizzazione comparso in alcuni college americani. Ci sono poi i militanti più esperti, chi con un passato nell’esercito, altri ancora in servizio.

James Mason, ideologo del...
James Mason, ideologo del suprematismo bianco

Con la chiusura di Iron March, l’attività di proselitismo è proseguita e oggi esistono due canali Telegram, entrambi non pubblici. L’8 giugno scorso è stato pubblicato l’annuncio della nascita della sezione tedesca del gruppo: il video si apre con un militante che indossa la maschera raffigurante un teschio, il cappuccio in testa, alle sue spalle fa da sfondo una svastica nera su sfondo bianco; è armato, carica una pistola e avverte che il battaglione è pronto «per l’ultima e decisiva battaglia». In un video successivo, sempre su Telegram, un altro militante in mimetica si allena con un fucile da guerra in un luogo non identificato. Gente pericolosa, insomma. Che ha valicato i confini statunitensi per approdare con proprie cellule in Europa. L’Fbi l’ha messa nel mirino da tempo, ritenendola tra le minacce più serie nell’ultimo periodo.

Un militante di Atomwaffen Division è un gruppo di suprematisti che negli Usa è considerato eversivo. E che ha fatto proseliti anche in Europa e guarda all’Italia.

Del resto tutto il fenomeno del suprematismo è una priorità in questo momento per i detective americani. Lo ha spiegato Christopher Wray, il direttore dell’Fbi, in commissione giustizia della Camera: la violenza politica di estrema destra, motivata dall’odio razziale, è una «minaccia prioritaria per la sicurezza nazionale». Pericolosa, ha sottolineato Wray, quanto l’Isis. E Atomwaffen è una formazione liquida, post gerarchica , dove l’emulazione è il fine della violenza stessa. Lupi solitari del nazismo, che assomigliano per metodo a quelli dell’Isis, capaci di paralizzare l’Europa con il terrore.

Pericolosità, del resto, che emerge dai dati hackerati a novembre 2019 dal forum Iron March. La fuga di notizie riconduce all’Italia. Una decina di profili fanno riferimento al nostro Paese. Gli italiani sono stati localizzati tra Napoli, Roma, Torino, Milano, Firenze. Hanno quasi tutti nomi di fantasia. Di certo su Iron March avevano trovato un luogo sicuro dove radicalizzarsi. Scorrendo le discussioni del forum troviamo continui riferimenti al nazismo, alle figure del fascismo combattente, a Mussolini. E soprattutto prevalgono le liturgie xenofobe e antisemite. Con più di qualche riferimento all’acquisto armi da guerra. È il caso di due utenti che contrattano l’acquisto di fucili d’assalto e pistole: un francese chiede il prezzo di un Kalashnikov Ak47 a un camerata serbo, il costo di mille euro, è ritenuto eccessivo per l’acquirente, che spiega come «in Francia lo pagherebbe 600-700 euro e che conviene quindi comprarlo in patria così da evitare dogane e frontiere». C’è un altro utente, invece, sempre europeo, che «diffida degli intellettuali» e crede che l’unica cosa di cui aver paura sono «i colpi dell’Ak47 nella guerra razziale». I messaggi, analizzati dall’Espresso, si fermano al 2017. I riferimenti al nostro Paese non mancano: «La situazione dell’immigrazione in Italia è disgustosa. Un governo tecnocratico non eletto prende letteralmente le persone dai barconi e li porta in Italia… Quando dovrebbero affondarli tutti fuori da Lampedusa. Quest’anno hanno già “salvato” oltre 60.000. Matteo Renzi e tutti i suoi servi devono essere sparati e gettati nel Mediterraneo. Le persone ne sono stufe, indipendentemente dalla loro politica, c’è il 40 per cento di disoccupazione giovanile. Ora l’Ue sta costringendo altre nazioni dell’euro ad assumersi alcuni degli oneri italiani. È davvero la prima linea dell’Europa e dove inizierà la rivoluzione».

«È TEMPO DI PURIFICARE»
Iron March non è un sito di partito. È una galassia che aggrega schegge neonaziste sparse per il mondo. Diventato in poco tempo il riferimento culturale di altri spazi virtuali dove la violenza verbale si mescola a progetti di azioni militari sul territorio. Anche in Italia è diventato un modello. Per esempio su Telegram, confusi tra milioni di dati e utenti, si sono moltiplicati i gruppi nazisti e suprematisti. Alcuni accessibili da chiunque, altri vietati agli intrusi. “Il suono del nazionalsocialismo”, “Sole Nero”, “Fascio littorio”, “Hyperborean worldview”, “Fascismo V2-Lgbt shit”, “Avanguardia nazionalsocialista”, “Meridiano Zero”. Queste sigle sono solo la punta dell’iceberg nero che emerge da Telegram. Una platea di migliaia di utenti. Quelle più seguite e create in Italia ne raccolgono quasi 2mila. Poi ci sono quelle internazionali, a cui partecipano camerati di tutto il globo. L’Espresso ne ha scoperte diverse. C’è la chat “Sole Nero”, 475 iscritti, in cui è forte il misticismo nazista: ritratti del Fuhrer, illustrazioni di svastiche che sorgono da dietro le montagne, un’iconografia che ricorda il signore degli anelli di Tolkien. Qui alcuni degli iscritti pubblicano veri e propri manifesti della guerra razziale.

Anders Breivik
Anders Breivik

Tra queste conversazioni, L’Espresso ha rintracciato un breve testo dal titolo evocativo “L’Apocalisse” pubblicato il 3 dicembre 2019: «Create terrore, create panico, create l’Apocalisse. Coloro che sopravviveranno al collasso, alla furia dei guerrieri del sole nero, potranno ricostruire un mondo nuovo. Cosa aspettate? Fategli assaggiare le radiazioni, fateli bruciare, fateli soffrire e pentire di tutto ciò che hanno fatto. È tempo di eliminare, di purificare». Lo stesso autore ha pubblicato su Telegram anche un ebook dal titolo “Il Vento bloccato”, il manifesto della rivoluzione nazionalsocialista: «Camerati è tempo di imbracciare le armi e combattere contro il vero nemico. Questo manifesto è una chiamata alle armi. Combattere fino all’ultimo respiro. Non abbiate pietà. Sieg heil!» Il testo è scaricabile dal canale Telegram “Meridiano Zero”, che conta 640 iscritti. Su Meridiano Zero troviamo centinaia di post e pubblicazioni sul negazionismo dell’olocausto. Non ingiurie antisemite vaghe, ma una precisa campagna ideologica: “Il mito dello sterminio ebraico”, è il titolo di un testo pubblicato sul canale; “La frode del diario di Anna Frank”, si legge in un altro post; e, poi, ancora, “Il diario di Anna Frank, guida a una lettura critica… noi, come tutti gli storici revisionisti, siamo convinti della non autenticità del diario di Anna Frank e cercheremo di dimostrare che esso non è stato altro che uni strumento nelle mani dei sostenitori dell’olocausto».

Neonazisti, nove anni di stragi 

Norvegia, Nuova Zelanda, Texas, Italia, Germania. La geografia di nove anni di violenza suprematista. Uomini bianchi armati, che sepsso coltivano il loro odio sul web. E che in alcuni casi hanno mandato in diretta social le fasi degli attentati

Nell’elenco di canali nazifascisti su Telegram troviamo “FascismoV2-Lgbt Shit”. In questa chat un piccolo gruppo di iscritti vomita minacce contro gay, neri ed ebrei: «Lo voglio fare davvero!, lo farò al prossimo gay pride nella mia città», si legge nei commenti a corredo della foto della bandiera arcobaleno che brucia. L’elenco dei canali è lungo. Tra questi c’è “Il suono del nazionalsocialismo”, 220 membri, dove il tema più dibattuto è lo strapotere finanziario dei “giudei”. E il canale “Avanguardia nazionalsocialista”: ad accoglierci una foto di un campo di concentramento, a fianco una bimba cartone animato dai capelli fucsia, che esclama in inglese: «Nel tuo cuore sai che se lo sono meritato».

Alcuni suprematisti italiani oltreché su Telegram sono approdati sul social network russo VKontakte, isola felice di neonazisti banditi da Facebook. Qui troviamo profili antisemiti che si richiamo al fascismo: Ordine Ario Romano e Lictorii signo. I video pubblicati mostrano il nemico da combattere: gli ebrei. In uno di questi compare una donna intervistata mentre parla dell’antisemitismo, sulla sua fronte compare una stella gialla che la marchia come “Jude”. Dalle parole ai fatti, il confine è sottile. Come accaduto con le scritte razziali apparse con una meccanica inquietante nell’ultimo mese, a ridosso della giornata della memoria per le vittime della Shoah.

BERSAGLI PRECISI
L’offensiva ideologica lanciata nei circuiti social sembra, dunque, aver trovato terreno fertile nella realtà. Dall’inizio dell’anno, infatti, si sono ripetuti gli attacchi a bersagli precisi. Il 13 gennaio a Torino, una svastica sulla porta dell’abitazione di una artigiana quarantaquattrenne di Torino. Il 24 gennaio a Mondovì , provincia di Cuneo, la scritta antisemita “Juden hier”(qui abita un ebreo) e una stella di David disegnata sulla porta di casa del figlio di una staffetta partigiana deportata nel 1944 nel campo femminile di Ravensbruck. Il 27 gennaio, sempre in Piemonte, una nuova minaccia, «Crepa sporca ebrea», sul pianerottolo dell’appartamento della figlia, di origine ebraica, di una staffetta del Partito d’Azione attiva a Torino nei primi anni ‘40. Il 30 gennaio, gli adesivi con il saluto nazista “Sieg heil” e alcuni simboli delle “SS” tedesche incollati sul citofono dell’abitazione di una donna iscritta all’Anpi(figlia di un partigiano). E poi altri episodi simili, verificatisi nelle settimane precedenti, senza però che le vittime denunciassero il fatto.

Un gennaio nero, insomma. Non solo a Torino e in Piemonte. Negli stessi giorni a Rezzato, provincia di Brescia, è stato distrutto un bar di proprietà di una cittadina italiana di origini marocchine. Sul pavimento il marchio di fabbrica del blitz: una svastica e la scritta “negra”. Di certo, come spiega a L’Espresso il comandante del Ros Pasquale Angelosanto, ad allarmare è la scelta degli obiettivi da colpire. Non sono scritte su muri scelti a caso o su panchine dei parchi pubblici delle città. Ma prendono di mira persone che hanno legami familiari con chi in qualche modo è stato testimone dell’olocausto o della lotta partigiana. C’è, quindi, uno studio del territorio, l’anamnesi della storia familiare dei target da colpire. Il frasario è quello che ancora oggi, mentre scriviamo, circola liberamente sulle chat di Telegram, nei profili social di Vkontakte e nei forum d’area radicale. Proclami che potrebbero aver trovato nuove reclute pronte all’azione. Anche per emulare i “lupi” suprematisti che hanno già imbracciato i fucili: dal nazista norvegese Anders Breivik al leghista Luca Traini fino a Stephen Balliet, l’ultimo in ordine di tempo, che in Germania ha ucciso due persone vicino a una Sinagoga nel giorno della celebrazione ebraica dello Yom Kippur. Balliet, aveva postato un documento nel quale preannunciava l’attacco al luogo di culto, mostrando le armi e lanciando il proclama del guardiano della razza :«Gli stati hanno l’obiettivo di uccidere il maggior numero di possibile di anti-bianchi, meglio se ebrei». Un lessico che ritroviamo spesso nelle chat e nei forum analizzati da L’Espresso . I luoghi di ritrovo virtuale dei miliziani ariani. Dove l’indottrinamento può tramutare in miscela esplosiva il rancore e la solitudine delle giovani leve.

L’ESPRESSO

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