Il logoratore
Palazzo Chigi monitora il ribollire a Palazzo Madama, ma esita per ora a fare la prima mossa. Un Conte-ter è la pistola carica sul tavolo di Giuseppe Conte. “Solo un’eventualità in caso che la situazione si avvitasse”, giura un uomo vicino al presidente del Consiglio. Lo scenario di tensione latente e di reciproco logoramento non vuol saperne di scemare.
Saltano le designazioni delle Camere dell’autorità per la Privacy e dell’Agcom. Erano previste per martedì, si faranno, forse, la prossima settimana. Complice un problema dei 5 stelle nel definire i propri candidati, ma anche dell’altolà renziano. Iv non ci sta a rimanere tagliata fuori dai giochi, e vuole una sua golden share sul pacchetto complessivo.
Più morbida, al momento, la situazione sulle modifiche ai decreti sicurezza, ma pronta ad esplodere. Il primo tavolo di governo andato in scena oggi ha partorito un quadro di metodo. I testi di Matteo Salvini saranno riscritti. Sicurezza e immigrazione verranno scorporate in due decreti separati. Il punto di caduta è ancora laborioso. “Abbiamo chiesto una revisione complessiva degli accordi con la Libia – ha chiarito Gennaro Migliore appena concluso il summit di maggioranza – E chiediamo che le multe alle Ong vengano eliminate, chi salva vite non può essere multato”. Renziani e sinistra si uniscono nella richiesta di un colpo di spugna sulle politiche migratorie del fronte gialloverde, posizione che per ovvie ragioni trova molto più freddi i 5 stelle, soprattutto su un nuovo allargamento dei permessi umanitari. Lo scorporo dei due argomenti in due testi divisi, spiega chi era al tavolo, è finalizzato proprio a favorire una sintesi.
Italia viva ha già annunciato il proprio voto a favore sul decreto Milleproroghe, in arrivo al Senato. E continua a comportarsi nei fatti come parte integrante della maggioranza. Ma continua a picconare l’avvocato del popolo italiano e, più in generale, l’intero esecutivo. “È l’ultima volta che parlo di prescrizione”, aveva assicurato Renzi alla fine della scorsa settimana. Si è già smentito: “Nessuno di noi ha detto che vuole sfiduciare Conte – ha precisato oggi – Abbiamo detto che non condividiamo la battaglia sulla prescrizione. E che faremo valere su quella i nostri numeri”.
Il campanello d’allarme è suonato nelle stanze dei bottoni degli altri partner. In settimana è attesa in Senato la legge sulle intercettazioni, e Forza Italia ha annunciato che riproporrà in Aula lo stesso emendamento che in Commissione ha fatto sfiorare l’incidente, con Italia viva che ha votato con le opposizioni e la maggioranza che non è andata sotto di un solo voto. Nell’emiciclo i numeri sono ancora più a rischio.
“Così non va”, ha ribadito più volte in questi giorni Conte ai suoi collaboratori. La rabbia verso la strategia di Renzi, che si ritiene abbia come unico obiettivo quello di tenere al guinzaglio l’intero esecutivo ai fini di una personalissima visibilità, è tangibile. Il Palazzo è insieme in moto e in sospeso, aspettando di capire cosa succederà. La situazione è del tutto imprevedibile. Per dirla con Lorenzo Pregliasco, fondatore dell’agenzia di rilevazioni Quorum, “quando un leader preferisce il palcoscenico persino al potere, non è detto che agisca con razionalità politica”.
L’HUFFPOST
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