“Non siamo più il paese di Schettino”. L’orgoglio di Meta per il capitano Arma
Lo ha sentito recentemente?
“Sì, ci siamo scritti due giorni fa, gli ho mandato alcuni whatsapp. Da allora le comunicazioni si sono fatte difficili”.
E cosa le ha detto?
“Che sta bene e sta andando avanti con assoluta tranquillità e determinazione”.
Che tipo è?
“È bravo, serio, ha fatto tanta gavetta. È un
ragazzo speciale, il vanto della nostra comunità, uno dei fiori
all’occhiello di Meta che si esprime nella ‘Casina dei Capitani’, una
delle più antiche istituzioni della marineria italiana”.
State vivendo la celebrità di Arma anche come un riscatto, dopo i graffi subiti con la storia di Schettino?
“Franco, il comandante Schettino, è un mio amico e noi a Meta abbiamo
avuto una percezione diversa da quella di una parte della stampa e
dell’opinione pubblica. Io stesso ho preso delle posizioni chiare, in
controtendenza rispetto al giudizio generale. Ora Franco sta pagando e
scontando la pena per quello che ha fatto. Ma allora ci fu
un’esagerazione, un’amplificazione mediatica. È acqua passata, una
vicenda alle nostre spalle e non abbiamo niente da cui riscattarci”.
Cosa direbbe se avesse Arma davanti a sé?
“Io, come Peppe Tito, gli direi: è un onore essere tuo amico. E come sindaco gli farei i complimenti per la semplicità con cui ha affrontato un’emergenza del genere. Eroe? Penso che lui non vorrebbe essere considerato tale, è una persona di grande spontaneità e candore, ma con una tempra di acciaio. Ogni volta che ci siamo incontrati lui ha sempre sostenuto che il ruolo del comandante è quello di mantenere la calma mentre intorno c’è tempesta. Un condottiero, ma guaio a dirglielo, si arrabbierebbe. Mi ha sempre raccontato: quello che desidero di più nella vita è di essere un uomo normale, una persona tranquilla che la domenica va in barca fino a Sorrento”.
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