Una sfida per tutti ma deve vincere la scienza

Ciò crea le premesse perché pazienti come quelli diagnosticati ieri possano essere gestiti in modo adeguato sia in termini clinici sia in termini di controllo dell’infezione. Avere personale del Sistema sanitario nazionale in grado di avviare serie «inchieste epidemiologiche», cioè risalire alle possibili origini del contagio e agire di conseguenza, non è differenza da poco rispetto ad altre realtà, anche prese ad esempio in altri campi. Si pensi per esempio a quanto accaduto in Giappone, dove medici e funzionari inviati sulla nave ormeggiata a Yokohama non avevano alle spalle una rete paragonabile alla nostra.


 In questo senso quindi il sistema Italia può dare garanzie, a patto però che gli esperti delle istituzioni sanitarie siano sempre ascoltati prontamente e senza riserve dai decisori politici e che vengano messi in atto i provvedimenti suggeriti anche quando possano risultare molto impopolari. È il momento in cui la scienza dev’essere «padrona». Ed è il momento in cui l’informazione ufficiale, e non, dev’essere trasparente e seguire le regole fondamentali della comunicazione del rischio, la prima delle quali è di non negare, nascondere, o sminuire mai i pericoli, perché mentire è il modo più semplice per perdere la fiducia, e senza fiducia qualsiasi messaggio sarà poi ignorato o respinto, con grave danno per la sicurezza pubblica. E la seconda regola è ammettere limiti e incertezze del sapere disponibile, che è, certo, in continua evoluzione, ma che è anche l’unico patrimonio sul quale contare per agire in modo razionale. Sia governo sia opposizione sono chiamati a rinunciare, rispettivamente, a decisioni o proclami informati dalla ricerca di consenso, e altrettanto devono esserlo i media. Se non vince il dato scientifico perdiamo tutti.

CORRIERE.IT

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