Renzi, Conte e la debolezza al potere
L’epilogo più probabile di questa strana «crisi», a sentire ciò che prevede Matteo Renzi, potrebbe essere considerato l’apoteosi del paradosso. Spiega il leader di Italia Viva: «Ho quattro proposte: piano per le infrastrutture; premier eletto direttamente; una riforma della prescrizione diversa; cancellazione del reddito di cittadinanza.
La prima la vogliamo tutti. La seconda riguarda tutti, ma se non c’è il centrodestra non si può fare. Restano le ultime due. E un sì su una delle due, almeno una, questa maggioranza me lo deve dire. Perché ormai, si dice a Firenze, siamo con i sassi alle porte. Senza un segnale passo all’opposizione. Conte, se ha i numeri, va avanti con i responsabili; se non li ha, i voti per sopravvivere glieli trovo io. Magari 5-6 dei miei».
Una volta si immaginava il Potere come un Moloch inamovibile, che trovava la propria alternativa solo in se stesso: il quarantennio Dc o del quadri-pentapartito. I sessantottini sognarono addirittura di mandare al Potere la fantasia. Poi fu la volta della seconda Repubblica dei Poli, dell’alternanza tra Berlusconi e Prodi oltre agli affini. Ma tra mille variabili l’ipotesi di un governo che restasse in piedi grazie a pochi responsabili e a un drappello di oriundi renziani, cioè di un pezzo di un partito che passa all’opposizione e lascia dietro di sé una retroguardia per garantire l’ossigeno a un governo morituro, be’ questa, negli annali, non era mai stata contemplata.
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