Coronavirus, scuole ancora chiuse in Lombardia, Veneto e Emilia Romagna
La decisione ufficiale sulla riapertura o meno delle scuole nel Nord Italia sarà presa nella giornata di oggi. Ma secondo gli esperti dell’Istituto superiore di Sanità, chiamati dal premier Giuseppe Conte su richiesta dei governatori delle regioni del Nord ad esprimersi sull’opportunità o meno di riaprire le scuole, è meglio prolungare di una settimana la chiusura nelle Regioni con i focolai, cioè in Lombardia, Veneto e Emilia Romagna (Qui l’epidemiologo Demicheli spiega perché è necessaria una misura di questo tipo). Si tratterà probabilmente di una sospensione e non di chiusura vera e propria, perché così si potranno svolgere attività di didattica a distanza. Potrebbero invece riaprire le altre regioni che la settimana scorsa avevano deciso la chiusura preventiva: Piemonte e Liguria. Sembra dunque segnata la strada per le ordinanze che Conte ieri pomeriggio aveva rinviato a oggi: «Ci sarà un aggiornamento fino a domani, il Comitato tecnico scientifico lavora fino all’ultimo. Per quanto riguarda il Dpcm sarà emesso domani». Si fa marcia indietro rispetto all’idea di riaprire almeno nelle province del Veneto che non sono toccate dal virus (Rovigo, Belluno e Verona). Per quanto riguarda il Piemonte il presidente Alberto Cirio propone di riaprire le scuole lunedì per una pulizia straordinaria e di riaccogliere gli studenti a metà settimana. Il governatore della Liguria Giovanni Toti è pronto a riaprire ma solo se ci saranno le condizioni e la copertura del ministero della Salute. Sicuramente invece torneranno in classe gli studenti del Trentino Alto Adige. Sono finite anche le pulizie straordinarie a Napoli e a Palermo dove le scuole dovrebbero riprendere la normale attività. Il decreto legge approvato ieri sera dal Consiglio dei ministri introduce una norma del ministero dell’istruzione che deroga al limite dei 200 giorni minimi per la validità dell’anno scolastico nelle scuole chiuse per il coronavirus.
Il no della Lombardia
Era stata la Regione Lombardia, ieri pomeriggio a chiedere al governo centrale una proroga delle misure varate in emergenza una settimana fa, nonostante dal territorio milanese e lombardo arrivassero crescenti appelli, pressioni e proteste da parte di chi voleva una ripresa delle attività. La priorità resta quella di «contenere» il più possibile i rischi di contagio e, per dirla con il governatore Attilio Fontana, non è il momento di «abbassare la guardia». Ieri non era alla conferenza stampa perché è al secondo giorno di autoisolamento dopo che una sua collaboratrice è stata trovata positiva al tampone. Interviene per un saluto e per sottolineare la necessità di «sgombrare il campo da troppo chiacchiericcio», alludendo al dibattito partito ventiquattr’ore prima sulla necessità di far «ripartire» Milano. Quindi è lo stuolo di primari convocati a Palazzo Lombardia a costruire la premessa scientifica alla scelta politica di continuare sulla strada dei «sacrifici».
Il parere degli esperti
«Certamente non è una situazione facile e scordiamoci che possa essere rapidamente risolta. Parole che possono essere scarsamente popolari ma è un dato di fatto». Massimo Galli, infettivologo dell’ospedale Sacco di Milano, fa capire subito l’approccio nella battaglia contro il coronavirus: «Abbiamo un numero di infezioni che si sono verificate localmente decisamente alto – spiega – e questo è avvenuto in larga misura prima dell’arrivo del paziente 1 a Codogno. Noi dobbiamo riuscire a ridurre la diffusione in modo da passare da 2-2,5 casi per ogni persona infettata a meno di 1». Quindi chiosa: «Questa cosa non si fa da sola». Uno dei rischi, che più spaventano e che bisogna allontanare, riguarda proprio la tenuta del sistema sanitario lombardo: «Già adesso, per un’epidemia di questa scala, l’organizzazione di risposta che poteva essere messa in campo da parte della Regione Lombardia è ai limiti di tenuta, soprattutto per la gestione dei pazienti di maggiore gravità», sottolinea ancora Galli, anche perché l’emergenza «si sovrappone a una routine che è decisamente messa in crisi da una realtà di questo genere. Alcuni ospedali sono veramente in grave crisi, come quelli di Lodi e Cremona che sono sovraccarichi di pazienti». Non si tratta di una questione che possa essere circoscritta alla sola zona rossa: «L’azione deve articolarsi su alcune misure che portino l’intera grande area metropolitana a rimanere il più possibile fuori dai guai. E’ una medicina abbastanza amara da inghiottire, ma personalmente non credo che abbia alternative». «Non è la peste, non è una banale influenza», riassume Antonio Pesenti del Policlinico di Milano, per ribadire che comunque l’unica strategia è «contenere».
La «sospensione»
Tocca quindi all’assessore regionale al Bilancio, Davide Caparini indicare le scelte politiche fondate su queste premesse scientifiche: «Abbiamo chiesto di continuare la sospensione delle lezioni delle scuole di ogni ordine e grado. La richiesta deve essere accolta dal consiglio dei ministri. Al momento non abbiamo una risposta, ma è importante per la salute pubblica». Sospensione, quindi, non chiusura, sottolinea accanto a lui il vicepresidente della giunta Fabrizio Sala: significa, quindi, che i ragazzi resteranno ancora a casa ma dirigenti e docenti potranno andare a scuola e da lì organizzarsi per forme alternative di attività didattica online o a distanza. Per questo anche il ministero dell’Istruzione sta preparando materiali e una piattaforma per le scuole. Le università lombarde, nel frattempo, come avevano fatto domenica scorsa, non attendono le indicazioni del governo ma confermano la chiusura prorogata fino al 7 marzo. Seguite in serata da alcuni Atenei del Veneto, a partire da Ca’Foscari.
I musei
Un possibile allentamento delle misure potrebbe riguardare i musei lombardi, che potrebbero riaprire ma facendo rispettare un contingentamento degli ingressi: piccoli gruppi per evitare affollamenti. Così come sarebbe confermata l’apertura dei bar in orari serali, ma sempre con l’obbligo di limitarsi al servizio ai tavoli. «Dobbiamo assolutamente rallentare, fermare questa epidemia, quindi servono ancora sacrifici». Ma Caparini tiene a precisare: «Non dovremo farli soltanto noi, chiederemo l’accesso ai fondi dell’Unione europea per le calamità naturali».
Messe e matrimoni
I vescovi lombardi invece chiedono alla Regione di poter «riaprire» le chiese: vogliono poter celebrare le messe e anche matrimoni e funerali nei giorni infrasettimanali, rimanendo dunque esclusi dalla nuova ordinanza regionale che dovrà essere preparata entro domani
Le gite
Per quanto riguarda le gite scolastiche, sospese fino al 15 marzo, la ministra Azzolina si augura che «dal 16 si possa tornare a partire per i viaggi di istruzione», Intanto nelle misure in discussione preparate dal governo è stato previsto un «voucher» per risarcire le agenzie di viaggio che hanno dovuto restituire i soldi delle gite alle scuole e al le famiglie e hanno sostenuto comunque spese per biglietti e prenotazioni.
Le mascherine e i guanti
Intanto la Protezione Civile ha predisposto con un’ordinanza firmata ieri dal commissario straordinario Angelo Borrelli che gli ospedali delle zone coinvolte ricevano mascherine, guanti, tute e altro materiale di protezione per acquistare il quale sono stati stanziati 207 mila euro. Sono potenziati negli ospedali anche i dispositivi di «ventilazione invasiva e non invasiva».
CORRIERE.IT
Pages: 1 2