I mercati tremano (e la Bce tace)
Andrea Muratore
1 marzo 2020
La settimana delle borse contagiate dai timori per il Coronavirus è stata una delle peggiori dai tempi della Grande Crisi del 2008 e, anzi, così è stato per i listini statunitensi di Wall Street. Bastano i dati raccolti dal Sole 24 Ore per fotografare l’ampiezza del problema: “In un batter d’occhio la Borsa americana ha ormai cancellato ben un terzo dei guadagni messi a segno da quando Donald Trump è stato eletto alla Casa Bianca nel 2016. Quei guadagni che il presidente ama citare quale misura del proprio successo” e che hanno portato al decollo le élite finanziarie favorite da tagli fiscali e spericolate operazioni in borsa. A galoppare è adesso anzitutto il Vix, “l’indice della volatilità o meglio del terrore basato sulle opzioni: si è impennato ai valori top in anni, a quota 39,2″.
Il Coronavirus non è probabilmente il “cigno nero” che i mercati attendevano con timore da tempo, ma interviene a perturbare una situazione già resa complessa dal sovradimensionamento degli indici azionari, dalle elevate aspettative per i dividendi attesi e dalla fase di vacche grasse garantita dalle banche centrali. Come sottolinea l’analista Mauro Bottarelli,“il parco buoi” degli investitori non istituzionalizzati “sta subendo una delle tosature più rapide e radicali della storia recente. La sola Tesla ha perso il 30% nel range a 52 settimane ed è passata dalla prospettiva di mille dollari per azione di una settimana fa al non reggere quota 680 dollari di giovedì sera: tutt’intorno, impiegati e studenti del college rovinati, costretti a ripagare i debiti contratti per comprare quei titoli per i prossimi 20 anni”. Le premesse per il cedimento sistemico c’erano tutte, la slavina era pronta: come nella seconda metà del 2018, quando l’accelerazione della volatilità erose in poche settimane i guadagni dell’anno.
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