I cinque motivi per non temere il coronavirus

Ne deduciamo che i pazienti gravi sono pochi ma complessi e che, seppure complessi, possono guarire”. Persino il 38enne risultato positivo al SARS-CoV 2 nell’ospedale di Codogno, dopo una prima fase di criticità, pare si stia riprendendo e che abbia ripreso a respirare autonomamente. Non è ancora chiaro da quando il coronavirus abbia iniziato a diffondersi nel nostro Paese. Ed è per questo motivo che “In Emilia Romagna abbiamo deciso di fare il test a tutti i malati di polmonite indipendentemente dai criteri epidemiologici per capire meglio da quanto tempo il nuovo coronavirus era presente in Italia prima che si manifestasse con tanta rapidità”, dice Viale.

I bambini non sono in pericolo

Il Coronavirus non sembra toccare i bambini e i pochi che vengono infettati guariscono facilmente, a differenza di quanto avviene con la normale influenza stagionale. Probabilmente il vaccino contro il morbillo, obbligatorio in Italia, può preservarli da questo virus. Anche in Cina i bambini colpiti sono appena l’1%, e non si registrano decessi. Fortunatamente anche i neonati sono immuni dal COVID-19 e le donne affette dal coronavirus, per ora, non hanno trasmesso la malattia ai loro figli. A riprova di ciò c’è nonsolo il caso di una donna cinese, ma anche di una piacentina positiva che ha partorito col cesario e che era stata ricoverata insieme al marito. L’Istituto Superiore di Sanità ha rassicurato le mamme in dolce attesa e in allattamento: “Allo stato attuale non c’è indicazione al taglio cesareo. Non è noto se avvenga la trasmissione verticale durante la gestazione”.

La diffusione del Coronavirus non è elevata

I focolai iniziali sono circoscritti in un’unica area geografica e “finché la diffusione territoriale dell’epidemia è gestibile dal punto di vista dell’estensione e di Comuni coinvolti, si possono mettere in atto misure di contenimento efficaci e sperare che l’epidemia rallenti”, spiega Pier Luigi Lopalco, epidemiologo università di Pisa. Si ipotizza che i focolai di Veneto e Lombardia possano aver avuto un’origine comune, ma ormai è ininfluente ai fini della messa in campo di ulteriori strategie. “La ricostruzione della catena di trasmissione ci potrebbe servire solo a interpretare meglio il fenomeno e quindi a disegnare uno scenario futuro”, conclude il virologo.

IL GIORNALE

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