Ora serve un prestito Italia (solidale) per far ripartire il paese
di Ferruccio de Bortoli
All’improvviso si è aperta, davanti ai nostri occhi, una grande voragine. Forse qualcuno ha contribuito persino a scavarla (anche il mondo della comunicazione) e a renderla più profonda. Non importa, in questo momento, dividerci sulle responsabilità. Inutile, persino dannoso. Ci penseranno gli storici, sperando che non siano gli archeologi a occuparsi di noi. Ora dobbiamo pensare a come risollevarci una volta che l’emergenza sanitaria, speriamo presto, sarà terminata. Il buon senso impone che la politica non si divida sulle misure economiche di contrasto alla recessione che ormai c’è — inutile nasconderselo — e sicuramente sarà lunga e dolorosa. L’interesse generale però non coincide sempre con le necessità, anche giustificate, delle varie constituency, delle infinite corporazioni del nostro Paese. Ed è dunque ancora più importante dell’unità di intenti del mondo della politica che la classe dirigente, le categorie, le imprese, nel sollecitare un immediato aiuto – e ne hanno urgentemente bisogno – non pensino solo al proprio bilancio, personale, familiare o aziendale. Ai propri azionisti. Ma anche e soprattutto ai dipendenti, ai lavoratori. Gli stakeholder questa volta sono tutti i cittadini italiani. Nessuno escluso. Trasformino, dunque, la solidarietà di cui hanno bisogno, direi diritto, in investimento sulla solidità, sulla “resilienza”, per usare un termine in voga, del Paese. Non chiedendo, per esempio, alla comunità nazionale di sostenere costi che sono in grado ancora di sostenere. Almeno nel breve termine. Al buon senso qui si aggiunge il senso di responsabilità, la consapevolezza dei ruoli svolti nella società. Ugualmente indispensabili. L’analisi
Virus e Pil: Italia già in recessione. La Bce prepara le armi per reagire (tra pochi giorni)
di Federico Fubini
Il rebus delle risorse
Uno Stato con l’acqua alla gola per un debito troppo elevato e a lungo trascurato (ne parleremo un giorno dei costi della lunga amnesia collettiva) ha margini di manovra assai limitati. Le risorse sono scarse per definizione. Non diventano improvvisamente abbondanti di fronte a una catastrofe. Rimangono scarse. E, comunque, costose. La flessibilità, che molto probabilmente l’Unione europea ci concederà, andrà indirizzata primariamente al sostegno delle attività produttive, al ristoro degli incredibili danni che stanno patendo i settori più colpiti — come il turismo e il trasporto — ad arginare un forte calo della domanda aggregata che è fatta di consumi, ma anche di investimenti.
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