Coronavirus, la virologa Capobianchi: «Le misure stringenti funzionando: cosa ci dicono i numeri del Nord»

Il calo dei casi nelle tre Regioni del nord potrebbe essere comunque un segnale incoraggiante?
«Spero di sì. I dati però hanno bisogno di consolidarsi nel tempo. Nella comunicazione potrebbero esserci dei ritardi che in qualche modo causano un disallineamento dei dati».

Voi che lo osservate da vicino, al microscopio, che cosa avete capito di questo coronavirus? Rispetto a quello partito dalla Cina a fine dicembre è cambiato?
«Come per tutti i virus che trovano una nuova nicchia in cui espandersi, il Sars-Cov-2 presenta un’evoluzione genetica dettata da una variabilità peraltro molto contenuta. Il confronto tra le sequenze dei genomi pubblicate sui database internazionali, a partire dal 10 gennaio, quando i ricercatori cinesi di Wuhan hanno reso pubblica la prima sequenza, non mostra cambiamenti sostanziali tali da rendere il virus diverso e quindi non più riconoscibile dal sistema diagnostico».

Il Sars-CoV-2 è molto simile al virus che nel 2009 ha causato l’epidemia di Sars, la sindrome respiratoria acuta grave?
«In comune i due agenti patogeni hanno l’80% del genoma, dunque sono abbastanza simili. Ma il comportamento della Sars è stato ben diverso, ha avuto una mortalità maggiore, pari a circa il 10%, ma si trasmetteva meno subdolamente e non dava luogo a infezioni con sintomi lievi. Dunque le catene di trasmissione della Sars si potevano individuare e bloccare con l’isolamento dei pazienti, era più facile arrestare la diffusione perché l’infezione si manifestava in modo evidente».

CORRIERE.IT

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