Il pizzicagnolo sì e il Parlamento no?

Non c’è da aspettare la fine, purtroppo non immediata, nell’illusione che tutto sarà come prima, anche se è rassicurante pensarlo: finita l’emergenza si tornerà alla normalità, in termini di politica, potere, come assetto ed esercizio, linguaggio, mentalità, forse spensieratezza. Al “come eravamo”. La pandemia sta già cambiando pelle alla politica. Ne ha silenziato il chiacchiericcio, poco male, ma non è vero che l’abbia sospesa. Anzi, come tutte le fasi emergenziali, di cambiamenti profondi ed estremi, di confronto con situazioni limite, questa è una fase estremamente politica.

E già, qui ed ora, si pone un tema: come evitare che, oltre alle persone, il virus infetti anche le democrazie, in modo irreversibile: il “come saremo”. Sospeso (per necessità) il voto per il referendum, sospeso (per necessità) il voto per le regionali, sospese, perché luoghi di contagio, piazze, socialità, agorà, spazi di vita pubblica, il cui bisogno si propaga con i canti suoi balconi: mai, nella storia della Repubblica, si è prodotto un uno stato emergenziale tale da sospendere così a lungo e in modo così radicale gli spazi di incontro pubblico nemmeno nei momenti più bui del terrorismo, nemmeno nei territori controllati dalla più cruenta delle mafie.

Sappiamo, ormai abbiamo capito tutto su come funziona il contagio, che i tempi saranno lunghi, e dunque che sarà lunga anche questa paralisi. Tra i suoi rischi c’è che l’incubazione di questo “nuovo ordine” di necessità porti a un deperimento della democrazia per come l’abbiamo conosciuta finora e che questo deperimento, senza scandalizzarsi tanto, sia considerato ineluttabile, nel corso naturale delle cose, di fronte a un’emergenza che lo giustifica. È, in fondo, quel che sta accadendo per quel che riguarda il Parlamento, che pure rappresenta in questo contesto uno snodo cruciale, perché è un punto di vita e di sovranità minima nello stato di eccezione. Di fatto, è chiuso fino al 25 marzo, come se fosse un negozio, un pub, un ristorante, ovvero un luogo di potenziale contagio da evitare. Non come un supermercato o una farmacia, un commissariato o un ospedale, ovvero un luogo essenziale per la collettività, da tenere aperto, sia pur con norme di sicurezza.

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